Ecco quei che le carte empion di sogni:
Lancillotto, Tristano e gli altri erranti,
ove conven che ’l vulgo errante agogni.
Vedi Ginevra, Isolda, e l’altre amanti …1
Un dato testuale, senza dubbio conosciuto e già da tempo esplorato, servirà come punto di partenza. La rubrica che nel Canzoniere portoghese Colocci-Brancuti (= B; Lisbona, BNP, cod. 10991) introduce il primo dei cinque Lais de Bretanha2 - “Amor, des que m’a vos cheguei” (= B1)3 - non si limita a riferire l’eziologia arturiana del canto, ma fornisce anche un importante giudizio estetico, tanto più importante se si considera, non solo la scarsità di siffatti apprezzamenti nel corpus delle rubriche galego-portoghesi, ma anche e soprattutto la posizione stessa del componimento, vale a dire ad apertura dell’intero Canzoniere:
Este lais fez Elis o Baço, que foi duc de Sansonha, quando passou aa gran Bretanha, que ora chaman Ingraterra. E passou lá no tempo de Rei Artur pera se combater con Tristan porque lhe matara o padre e ũa batalha. E andando ũu dia en sa busca, foi pela Joiosa Guarda, u era a Rainha Iseu de Cornoalha, e viu-a tan fremosa que adur lhe poderia home no mundo achar par, e namorou-se enton dela e fez por ela este lais. Este lais posemos acá porque era o melhor que foi feito4.
Qualche anno fa, Pilar Lorenzo Gradín ha richiamato l’attenzione sull’ultima pericope di questa didascalia, asserendo che l’enunciato:
présente un saut qualitatif par rapport à la partie purement contextuelle. En effet, il est structuré, à la première personne du pluriel (alors que le reste du texte est à la troisième personne du singulier) et il introduit un critère d’appréciation qui n’apparaît dans aucune autre rubrique des poèmes bretons. Comme il peut être observé, le texte possède pour le compilateur une valeur poétique exceptionnelle. De notre point de vue, les particularités soulignées indiquent que le paragraphe a probablement été ajouté à la rubrique à un moment postérieur, car il aurait été logique, comme c’est le cas dans les razos provençales et galégo-portugaises, que le poème soit reproduit immédiatement après la phrase e fez por ela este lais5.
La probabilità però diventa immediatamente certezza laddove si conclude che:
le monologue entonné par Elis o Baço faisait partie intégrante d’une série cohérente de textes du même genre, dont la qualité esthétique était, de l’avis du compilateur, inférieure;
l’envoi posemos aca révèle qu’à moment donné de la transmission une (ou plusieurs) pièces précédaient cette composition, celle-ci ayant été permutée à l’endroit qu’elle occupe actuellement dans les manuscrits en raison d’un choix du compilateur6.
E a quadrare il cerchio, da un lato, si addita la seconda (ma, cronologicamente, prima) rubrica di B27, che, col suo riferimento alla trouvaille del traduttore portoghese, verrebbe a dimostrare l’avvenuto mutamento di posizione dei primi due lais (B2-B1 > B1-B2):
Esta cantiga é a primeira que achamos que foi fe[i]ta, e fezeronna quatro donzelas en <…> tempo de rei Artur a Maraot d´Irlanda per la <…>, e tornamola en lenguajen palavra per palavra, e diz asi: / O Maraot mal grado
dall’altro, e in termini di Quellenforschung, si invocano questioni di cronologia narrativa interna del Tristan en prose, visto che:
dans le continuum historico-chronologique comprenant les périodes arthuriennes situées entre la Suite de Merlin et le Tristan en prose, le lai dédié au Morholt doit précéder celui interprété par Hélys, étant donné que ce personnage apparaît dans l’univers arthurien après la mort du prince irlandais8.
A quanto pare, tout se tient. Questa ricostruzione però solleva, anche dal punto di vista metodologico, non poche obiezioni che, quanto alla rubrica di B1, sarà utile formulare e discutere in questa sede. Rinvio, invece, ad alto momento il riesame delle rubriche di B2 che, secondo Lorenzo Gradín, chiamano in causa, non solo la tradizione dei Lais, ma anche le fonti dei canzonieri portoghesi di Colocci (cf. n. 6).
Di fronte ai dati para- ed extra-testuali che Lorenzo Gradín esibisce a sostegno della sua tesi, con un indiscriminato andirivieni dall’interno (Lais e relative rubriche) all’esterno (Tristan en prose) e viceversa, è opportuno rilevare, preliminarmente, che non sussiste alcuna prova - non la offrono né i cinque Lais, né le tre rubriche esplicative che accompagnano parte di essi - circa il fatto che l’autore (o gli autori?)9 delle cantigas bretoni abbia(no) voluto raccogliere i volgarizzamenti portoghesi in una ‘corona’ coerente di testi (ovvero coerentemente organizzata), il cui ordine doveva riprodurre fedelmente la successione degli ipotesti antico-francesi nelle branches del Tristan en prose. Senza dimenticare, per un verso, che il Lai del Maroot (B2) - chiamato in causa per la sua ‘bigamia rubricatoria’ - e il Lai ‘dello scudo di Lancillotto’ (B5) sono privi, nonostante le diligenze compiute dagli specialisti, d’una fonte accertata/accertabile con tutta sicurezza10, e, per l’altro, che non è possibile determinare, né quali romans francesi di ‘materia tristaniana’, e soprattutto in quale assetto testuale, abbiano circolato in terra iberica (e segnatamente in Portogallo, giacché sembra probabile che la composizione dei Lais deve collocarsi in ambienti aristocratici lusitani), né di conseguenza, in quale forma abbiano circolato le traduzioni iberiche del Tristan (e del Lancelot) en prose11. D’altra parte, proprio relativamente a B5, uno dei due componimenti privi di fonte sicura, Lorenzo Gradín è costretta a riconoscere che:
le seul lai qui altère le déroulement temporel de l’imaginaire breton est le dernier de la série, à savoir la laudatio des demoiselles de l’Îles de Joie en l’honneur de Lancelot. En effet, conformément à la structure diégétique des cycles arthuriens, ce texte devrait être le deuxième de la série et donc précéder les trois poèmes situés après la Pentecôte du Graal. Aucun indice ne nous permet de déterminer les motifs de cette infraction, car si celle-ci peut être liée à l’intervention de la cantiga du Morholt, il ne peut pas non plus être exclu qu’elle soit due à une stratégie précédente de l’un des responsables de l’organisation du matériel poétique après que celui-ci ait été traduit. Cette deuxième option impliquerait qu’une fois les pièces traduites, les textes interprétés par des choreis feminis se seraient vu attribuer une position symétrique dans le corpus, de manière à ce que, pour faire ressortir l’opposition entre deux étiques chevaleresques (Morholt/versus/Lancelot), les poèmes en question occupent les extrémités de la série12.
A ben vedere, si tratta però di ipotesi suggestive che, a loro volta, servono da punto d’appoggio per speculazioni altrettanto suggestive, ma prive di riscontri testuali oggettivi. La possibilità di giustificare un ordine dei testi anteriore allo stadio conosciuto sulla base degli ipotesti francesi e della loro collocazione nei rispettivi romans non risulta essere un pilastro solido del castello probatorio.
Del pari poco persuasivi sono i dati che si dovrebbero ricavare dall’esame autoptico della rubrica di B1. Quell’“élément discordant” che, a giudizio della studiosa galega, innescherebbe “un saut qualitatif par rapport à la partie purement contextuelle” possiede invero un’intrinseca debolezza dimostrativa. La parte ‘contestuale’ della rubrica di B1, per la sua stessa natura di scholium eziologico, non poteva non essere redatta alla terza persona singolare, mentre la pericope conclusiva, se anche fosse stata costruita con la stessa sintassi - poniamo: Este lais *foi posto* acá, porque era o melhor que foi feito - sarebbe stata comunque depositaria dello stesso “critère d’appréciation”, vale a dire: “le texte possède pour le compilateur une valeur poétique exceptionnelle”13. La variazione sintattica, quindi, non costituisce di per sé prova sufficiente per corroborare l’ipotesi che l’ultima pericope sia un’aggiunta seriore prodottasi, a un momento dato della tradizione, contestualmente all’ipotetico mutamento di posizione della cantiga.
Quanto poi ai riscontri offerti dai corpora paratestuali, non si può negare che le razos provenzali si concludono spesso con clausole fisse del tipo fetz aqestas coblas / aquesta canso / aquest sirventes14, formule che, nella Pensínsula, corrispondono a clausole come fez esta cantiga / fez este cantar (et similia)15. È altrettanto vero però che, in ambedue le tradizioni, la presenza di formule di trapasso tra testo in prosa e testo in versi, nonché la loro posizione, è tutt’altro che sistematica. Anzi, a smentire la pretesa obbligatoria ‘logicità’ della sequenza ‘fez aquesta cantiga + incipit’ - “il aurait été logique, comme c’est le cas dans les razos provençales et galégo-portugaises, que le poème soit reproduit immédiatement après la phrase e fez por ela este lais”16 - , intervengono quei casi, tutt’altro che esigui, in cui nelle didascalie iberiche - e forse proprio a causa della loro maggiore brevità, ovvero minore articolazione, anche narrativa - la clausola compare solo ad apertura della prosa ed è separata dall’incipit della cantiga dall’intera esposizione delle circostanze che diedero origine al canto. Senza andare a cercare troppo lontano dal settore che qui interessa si vedano almeno le rubriche di B2 (B, f. 10ra-vb) e di B5:
Esta cantiga fezeron quatro donzelas a Maroot d’Irlanda, en tempo de Rei Artur, porque Maaroot filhava todalas donzelas que achava en guarda dos cavaleiros, se as podia conquerer deles, e enviavaas pera Irlanda pera seeren sempre en servidon da terra. E esto fazia el, porque fora morto seu padre por razon dũa donzela que levava en guarda (rubrica di B2, B, f. 10ra-vb)
Este lais fezeron donzelas a Don Ançarot quando estava na Insoa da Lidiça, quando [o] a rainha Genevra achou com a filha de rei Peles e lhi defendeo que non parecesse ant’ela (rubrica di B5)17.
Il pattern con doppio impiego del sintagma fez esta cantiga all’inizio e alla fine della rubrica - come, precisamente, nella rubrica di B1: “Este lais fez Elis o Baço” / “e fez por ela este lais” - rappresenta invece una possibilità minoritaria: appena 14 casi su un totale di 74, vale a dire circa ¼ del totale, arrotondando per eccesso18. Di queste 14 epigrafi, però, la parte maggiore accusa variazione di sintagma tra esordio e conclusione della didascalia. Si vedano, solo a titolo d’esempio, i seguenti casi19:
Outrossi fez outra cantiga […] e diz assi (Fernan Rodriguiz de Calheiros B1332)
fez estoutro cantar […] e diss’assi (Fernan Rodriguiz de Calheiros B1333)
fez este cantar […] e por én troubou-lhi”(Fernan Paez de Tamalhancos B1334)
fez estas cantigas […] e por én troubou-lhi estes cantares (Fernan Paez de Tamalhancos B74-[B75] = B1336-B1337)
Don Lopo Lias trobou a ũus cavaleiros de Lemos … e por én trobou-lhis estas cantigas”(Lopo Lias B1338-B1349)
trobou a ũa dona […] e por én fez estes cantares de mal dizer(Lopo Lias B1351-B1352).
outrossi fez estes cantares […] e son estes (Martin Soares B1363-B1366).
E si noti, per altro verso, che in alcuni casi si tratta di rubriche ‘collettive’, ovvero che fungono da introduzione a gruppi compatti di cantigas. Il che fa pensare: 1) che queste rubriche siano state composte successivamente alle cantigas cui si riferiscono; 2) che l’impiego della doppia formula (all’inizio e alla fine della prosa) serva, a differenza di quanto accade nella rubrica di B1, proprio a raggruppare e meglio definire l’insieme dei testi cui si riferisce l’epigrafe. Questi casi, ad ogni modo, non mi sembrano sovrapponibili a quello dei Lais e non costituiscono di per sé, come del resto nemmeno quelli di rubriche relative a singoli testi, riscontri strutturali perfetti e dirimenti per l’epigrafe di B1.
Una sovrapposizione perfetta di patterns strutturali si rintraccia, invece, solo nelle rubriche di due cantigas d’escarnho di D. Pedro, Conte de Barcelos (B1431-B1432), ma sull’importanza di questo elemento per la rubrica di B1 tornerò tra poco. Per il momento, invece, mi pare più utile rilevare che, sulla base dei dati positivi disponibili, la clausola finale della rubrica di B1 (“Este lais posemos acá porque era o melhor que foi feito”) non costituisce, di per sé, un’infrazione rilevante ai modelli esistenti, esigui e comunque troppo cangianti perché li si possa considerare un parametro dirimente. E, tutto sommato, non sarebbe neppure infrazione tale da far supporre, con sicuro fondamento, che questa pericope sia un’aggiunta seriore. Si converrà, in effetti, che l’enunciato conclusivo della rubrica di B1 non presenta estensione tale da infrangere sensibilmente la continuità logica tra la formula fez este lais e il lai stesso. La sezione narrativa della didascalia è costruita, di fatto, in modo circolare: si apre e si chiude con la ripetizione del medesimo sintagma - “Este lais fez” / “e fez por ela este lais” -, al quale fa eco il periodo conclusivo - “Este lais posemos acá” - che mantiene vivo il fuoco dell’attenzione sul lais. Del resto, in regime di ipotassi, la clausola finale della rubrica di B1 avrebbe funzionato come orazione relativa: e namorou-se enton dela e fez por ela este lais, *que* (= este lais) posemos acá porque era o melhor que foi feito. E mi pare ragionevole supporre che l’autonomia sintattica del periodo sia da correlare, piuttosto che a una seconda fase redazionale, proprio all’eccezionalità estetica della cantiga stessa.
Nessun elemento testuale - così come nessun apporto extra-testuale - permette quindi di avallare l’ipotesi che la rubrica di B1 sia frutto di due fasi redazionali distinte, una delle quali concomitante e contingente all’inserimento dei Lais nello stadio conosciuto della tradizione manoscritta. E questo non vuol dire - lo sottolineo a scanso d’equivoci - che il gruppo delle cantigas bretoni non abbia avuto una circolazione autonoma anteriore al suo inserimento nell’exemplar di B. Gli ipotesti francesi di tardo ’200 di B1 e B3-B4 dimostrano la sostanziale estraneità cronologica dei Lais rispetto agli altri componimenti che l’exemplar raccoglieva in questo settore, vale a dire cantigas appartenenti a trovatori il cui floruit non oltrepassa la prima metà del secolo XIII (Airas Moniz d’Asme; Diogo Moniz; Osoir’Eanes; Nuno Fernandez de Mirapeixe etc.). Inoltre, la collocazione dei Lais ad apertura del canzoniere contravviene alla canonica tripartizione per generi della cosiddetta ‘compilazione antica’ (amor, amigo, escarnho)20. E sono questi i dati più solidi che consentono di concludere che i Lais costituiscono un apporto tardivo al subarchetipo α21. E, del resto, non è nemmeno la scoperta della ruota, visto che a queste conclusioni erano già pervenuti, pur da presupposti leggermente diversi, sia Carolina Michaëlis de Vasconcellos, sia Giuseppe Tavani22. Le osservazioni formulate fin ora, invece, revocano in discussione, in quanto fondate su dati troppo fragili (per non dire inconsistenti), le conclusioni per cui, sulla base degli ipotesti antico-francesi e delle rubriche dei volgarizzamenti portoghesi, sarebbe possibile ricostruire non solo una duplice fase redazionale per la rubrica di B1, ma anche (e a partire da questa malferma inferenza) l’ordine dei Lais anteriore all’inserimento nell’exemplar di B.
Resta, ed è opportuno esaminarlo con calma, l’indizio offerto dal deittico acá nella pericope conclusiva della rubrica di B1: “Este lais posemos acá porque era o melhor que foi feito”. Lorenzo Gradín riconosce che “l’emploi de l’adverbe aca […] revêt un caractère significatif, puisqu’il renvoie à une circulation écrite des textes”, inoltre, “la présence du déictique […] n’a de sens que si celui-ci fait référence à la matérialité d’un Liederblatt ou d’un livre”23. Questo Liederblatt o Liederbuch - la studiosa galega lo chiarirà alla fine del suo intervento - si identifica col subarchetipo α, ovvero l’exemplar di BV, confezionato entro la prima metà del secolo XIV nella cerchia che faceva capo a D. Pedro, Conte di Barcelos e figlio bastardo di D. Dinis24.
Ciononostante, il referente immediato dell’avverbio di luogo rimane, per Lorenzo Gradín, la prima posizione assegnata a B1 entro la sequenza dei Lais, visto che, a suo giudizio, “la phrase posemos aca semble, de toute évidence, indiquer que cette position n’était pas la position initiale du monologue d’Hélys” e che “par ailleurs, elle renvoie au processus de réorganisation des pièces bretonnes en fonction de la permutation dont ce texte a fait l’objet”25. E in tale ‘processo di riorganizzazione’
le compilateur a tout d’abord inverti l’ordre des lais en faveur du poème d’Hélys et, dans un deuxième temps, les contenus de la rubrique originelle du poème consacré au Morholt ont été en grande partie réélaborés. Comme le montrent les deux versions de la didascalie du poème que transmet le codex B, l’auteur de ce qui peut être désigné comme le stade 2 de la rubrique […] agit sciemment et altère le contenu de la version de Colocci, dont il élimine des passages précieux26.
Se, però, acá esplicita il suo raggio d’azione entro l’orizzonte circoscritto della silloge bretone, ci si dovrebbe allora chiedere quale sarebbe stata, per il compilatore dell’exemplar, l’informazione imprescindibile offerta dall’ultima pericope della rubrica di B1. Il legame dei Lais con la ‘materia di Bretanha’ è, di fatto, intrinsecamente opaco, ovvero è certificato dalle rubriche, ma non dagli stessi Lais27. E questo porterebbe a pensare anche a una primitiva fruizione autonoma dei testi, del tutto slegata dal contesto narrativo in cui figuravano le loro rispettive fonti liriche. Una volta però che furono inserite in una Liedersammlung più ampia e - almeno nella sua sedimentazione più antica - organizzata secondo precisi criteri cronologici e genologici, le cantigas bretoni subivano un’ulteriore attenuazione del loro legame diretto con le “prose di romanzi” francesi. Tale attenuazione (sembra quasi un paradosso) è favorita proprio dalle rubriche che, pur additando gli episodi del continuum narrativo da cui furono estrapolati i Lais, non si preoccupano affatto di stabilire una pur minima cronologia relativa tra i testi lirici. E, a tal riguardo, anzi non si potrebbe escludere che la redazione delle rubriche sia successiva alla composizione dei Lais e realizzata ad hoc per il loro inserimento nell’exemplar.
Pare dunque poco plausibile pensare che l’unica preoccupazione del compilatore sia stata quella di segnalare l’ipotetico cambiamento di posizione di B1 e, visto che c’era, ritoccare la rubrica di B228, tanto più che, secondo quanto rileva la stessa Lorenzo Gradín, anche la posizione di B5 non sarebbe del tutto esente da perplessità29, ma in questo caso il compilatore non ha avvertito lo stesso impellente bisogno di fornire precisazioni. La primitiva ma indimostrabile progettualità che Lorenzo Gradín ipotizza per la circolazione autonoma dei Lais sarebbe stata allora stravolta per la realizzazione d’un progetto concepito dal compilatore dell’exemplar, ma eseguito solo a metà, in quanto le rubriche né compongono una narrazione unitaria, né forniscono giustificazione per tutte le trasposizioni attuate30.
In assenza, però, tanto di elementi sicuri che consentano di risalire oltre lo stadio conosciuto della tradizione, come di qualunque indicazione di cronologia interna nelle rubriche, sembra più verosimile assumere che la serie dei Lais interessò al compilatore soprattutto come gruppo - ma non come gruppo organizzato - di cantigas di origine arturiana da collocare, in sede di confezione del subarchetipo α (cf. nota 20), ad apertura dell’intera silloge lirica. Di fatto, incorporata la Laissammlung all’exemplar, a richiamare l’attenzione non sarebbe stata la sola posizione esordiale di B1 in rapporto al resto delle cantigas bretoni (questione, tutto sommato secondaria, in ordine alla planimetria più ampia del canzoniere), bensì e a maggior ragione, la posizione stessa dei Lais, in quanto testi recentiores, collocati a precedere un gruppo compatto di cantigas composte però quasi un secolo prima.
In tal senso, allora, la deissi attivata da acá nella rubrica di B1 non avrebbe il suo referente immediato nella silloge dei Lais, ma proprio nella più ampia compilazione lirica (l’exemplar di B) in cui fu inserita la Laissammlung. La chiave di lettura dell’ultima pericope della rubrica di B1, e in generale dell’intera Laisfrage, risiede, a mio avviso, nella collisione di due diverse dimensioni - cronologica e autorale - attivata dalle rubriche: da un lato, entro l’orizzonte della fictio esegetico-narrativa, le didascalie attribuivano i testi agli stessi personaggi della narrazione tristaniana e collocavano dunque i Lais nel tempo mitico della ‘materia di Bretanha’; dall’altro, però, e nel contesto concreto in cui fu confezionato l’exemplar, le rubriche alludevano a fonti narrative francesi - da supporre letture à la page per il pubblico di primo ’30031 - e rivelavano quindi il carattere fittizio delle attribuzioni di cui erano depositarie. Da qui, pertanto, la necessità di giustificare almeno la posizione di B1, non solo e non tanto rispetto ai componimenti della stessa famiglia, ma anche e soprattutto in relazione all’intero insieme di cantigas raccolte nel canzoniere: posizionare i Lais ad apertura della silloge voleva dire, di fatto, collocare l’intero patrimonio lirico galego-portoghese sotto l’egida nobilitante e legittimante della ‘materia di Bretagna’. È evidente, però, che questa operazione non è affatto neutra nelle sue implicazioni culturali e, di conseguenza, non può che essere stata compiuta in un ambiente dotato di precise caratteristiche.
Già D.na Carolina aveva avvicinato la rubrica di B1 alla didascalia che introduce le due cantigas del giudeo Vidal (B1605-B1606):
Estas duas cantigas fez ũu judeu d’Elvas, que avia nome Vidal, por amor dũa judia de sa vila que avia nome Dona. E, porque é ben que o ben que home faz se non perca, mandamo-lo ’screver; e non sabemos máis dela[s] máis de duas cobras, a primeira cobra de cada ũa32.
e osservava, al riguardo, che l’una e l’altra potevano essere attribuite a D. Pedro:
entre as rubricas de canções alheias, ha apenas tres em que o mandatario falla. E, é preciso notá-lo, essas poucas referem-se a cantigas fóra do commum, cuja adição (talvez supplementar) ao Cancioneiro era forçoso justificar. Temos de um lado os Lais de assumpto bretão, tirados de romances em prosa, traduzidos do francês, os quaes dispôs [D. Pedro] na vanguarda das canções subjectivas de amor; do outro lado, esparsas eroticas, não vasadas nos usuaes moldes palacianos, de um Judeu de Elvas que apparecem deslocadas na Parte III. O mandatario falla d’ellas majestaticamente na primeira pessoa do plural, como convinha a um principe, mas sem outros esclarecimentos sobre a sua propia pessoa33.
Lorenzo Gradín non dissente né dalle coordinate cronologiche, né dall’implicazione di D. Pedro nella confezione dell’exemplar e, quindi, nell’inserimento in esso dei Lais, ma obbietta, tuttavia, che
l’utilisation de temps verbaux à la première personne du pluriel ne constitue pas une épreuve concluante pour pouvoir attribuer les lais à un compilateur concret. Le recours à cette marque formelle, ainsi qu’à d’autres éléments déictiques (comme les adverbes aqui, aca, (de)suso ou les démonstratifs este, esta) renvoie seulement à un milieu familiarisé avec la rédaction de documents de chancelleries ou historiographiques dans lesquels les copistes employaient des formules d’énonciation contenant de manière récurrente les composantes morphologiques susmentionnées34.
Il fuoco del problema però non è “attribuer les lais à un compilateur concret”35 - e visto che si parla di ‘attribuzione’ perché, poi, a un compilatore e non a un autore concreto? -, ma cercare di determinare le caratteristiche dell’ambiente culturale in cui i Lais entrarono a far parte della tradizione manoscritta e, se possibile, le motivazioni sottese a tale inserimento. In tal senso, allora, l’equipollenza stabilita in termini di poligenesi (e le conclusioni che se ne dovrebbero trarre) tra il plurale maiestatico e “autres éléments déictiques (comme les adverbes aqui, aca, (de)suso ou les démonstratifs este, esta)” non risulta del tutto condivisibile. I secondi sono senza dubbio immuni da monogenesi, ma il primo - benché, per i tempi marca di linguaggio ‘burocratico’ altamente formalizzato - è un elemento da considerare rilevante, in quanto minoritario nelle rubriche galego-portoghesi e pertinente - come già segnalato da D.na Carolina - soltanto a testi di tarda cronologia e alle loro rispettive rubriche, nelle quali compare in funzione di ‘legittimazione solenne’ o di responsabilità compilative o di scelte compositive: nella rubrica di B1 sottolinea l’eccezionale qualità del testo (“Este lais posemos acá porque era o melhor que foi feito”); nella rubrica di Vidal giustifica la singolarità delle circostanze, visto che, per quanto ne sappiamo, si tratta, tra i poeti di B, dell’unico trovatore iberico di nazione giudaica36 (“E, porque é ben que o ben que home faz se non perca, mandamolo ’screver”); nella prima rubrica di B2, infine, segnala la derivazione del testo da un modello non-iberico (“Esta cantiga é a primeira que achamos que foi fe[i]ta […] e tornamola en lenguajen palavra per palavra”), ancorché sia lecito dubitare che, in quest’ultimo caso, volgarizzatore e rubricatore siano la stessa persona37.
Entro la pluralità di scriptoria e cancellerie peninsulari, i cui copisti erano avvezzi a questo tipo di linguaggio - ma sarebbe comunque opportuno mantenere separato il piano dell’autore da quello dello scriba -, l’impiego così ridotto, nel corpus delle rubriche galego-portoghesi, del pluralis maiestatis se non addita con sicurezza il cammino verso la cerchia di D. Pedro, ne fa comunque uno dei candidati più probabili. E, del resto, in tale direzione spinge proprio un ulteriore elemento segnalato dalla stessa Lorenzo Gradín nella precedente redazione spagnola del suo contributo, ma poi eliminato (in verità, molto stranamente) nella traduzione francese.
La studiosa galega, infatti, rilevava che “la oración explicativa que acompaña al topónimo Gran Bretanha, que ora chaman Ingraterra […] aparece igualmente en una de las obras historiográficas más transcendentes del propio Don Pedro: el famoso Livro de Linhagens (ca. 1340-1344)”38:
Des i falaremos dos reis da Troia e dos reis de Roma e emperadores, e dos reis de Gram Bretanha, que ora se chama Ingraterra.
E Bru[t]us pobrou Bretanha e Uterpandragom, e rei Artur de Bretanha. Constantim, que foi primeiro que rei Artur de grandes tempos, e de Cadvalech ataa Cavadres. Aqui fiim este linhagem dos reis de Bretanha. Daqui adeante foi a terra em poder d’outros reis que forom senhores de Bretanha, a que nós chamamos Ingraterra39.
La postilla crono-toponimica che compare in questi due passaggi e nella rubrica di B1 - “Este lais fez Elis o Baço, que foi duc de Sansonha, quando passou aa gran Bretanha, que ora chaman Ingraterra” - non costituisce, come è noto, un unicum portoghese. Una delle sue prime attestazioni si legge, in latino, nella cosiddetta ‘variant version’ dell’Historia Regum Britanniae di Goffredo di Monmouth:
Hinc Saxones Angli vocati sunt qui Loegriam possederunt et ab eis Anglia terra postmodum dicta est. Britonibus enim fugatis atque dispersis, amisit terra nomen Britanniae sicque Angli in ea super reliquias Britonum regnare coeperunt et Britones regni diadema amiserunt40
e poco dopo la ripete, nel franceis d’Angleterre, la mise en romans di Maistre Wace, quando racconta che i Bretoni:
se firent Engleis apeler
pur lur orine remenbrer,
e Englelande unt apelee
la terre ki lur ert dunee.
Tant dit Engleterre en franceis
cum dit Englelande en engleis;
terre a Engleis, ço dit li nuns,
ço en est l’espositiuns.
Des que Brutus de Troie vint
tut tens Bretaine sun nun tint
jesqu’al terme que jo vus di
que par Gunnund sun nun perdi41.
Da lì il ‘motivo’ (per così chiamarlo) registra un numero relativamente ampio di attestazioni, le quali forse meriterebbero di essere studiate a parte, se non altro perché si rinvengono anche in testi di natura e funzioni affatto diverse. Per stringere la campionatura ad un solo esempio - siamo circa un secolo prima del nobiliario del Conte di Barcelos -, ricorderò un volgarizzamento anglo-normanno (secondo quarto del secolo XIII) del Liber Lapidum di Marbodo di Rennes, dove la chiosa toponimica (del tutto inessenziale per il discorso) è un’aggiunta del traduttore:
XV. Gagates. Gaiet naist en une cuntree ki ad num Litia; si est bien prof gemme. Mais la meillur del siecle est en Bretaigne majur, ki ore est Engleterre42.
Ben assestata nelle compilazioni storiografiche - e il fatto, di per sé, non sorprende, soprattutto se si considera il cortocircuito legittimante che, già dai tempi di Wace, si era innescato tra Storia e Romanzo -, la postilla ‘Gran Bretagna che ora si chiama Inghilterra’ sembrerebbe, invece, in fortissima recessione proprio nelle più tardive compilazioni romanzesche in prosa, nelle quali (Gran) Bretagne e Angleterre sono impiegate in sincronia e senza alcun supplemento d’informazione. Per non allontanarci da quanto qui interessa, si può rileggere, a titolo d’esempio, il prologo del Tristan en prose, nel ms. fr. 757 della Bibliothèque nationale de France:
Cy commence la grant ystoire de monseigneur Tristan que missere du Gail et missire Helys de Buron translaterent de latin en romanz por ce que il veoient que nus n’entreprenoit a translater si haute ystoire come de celui qui fu le meillor chevalier qui oncqes fust en la Grant Bretaigne ne devant le roi Artus ne aprés fors Galaad seulement et apelent cest livre libret por ce q'il est maistre sor toz les livrez qui oncqes furent fait de la Table reonde et del saint Graal. Et commence premierement missire Luces du Gail qui briefment parloit tant come il vesqui et dist en telle manere43.
o ancora, e sempre nelle zone liminari del Tristan en prose, il seguente passo del codice 404 della Bibliothèque Inguimbertine di Carpentras:
Mes quant je voi que nus ne l’ose enprendre, por ce que trop i avreit a faire et trop seroit grieve chose, car trop est grant et merveilleuse l’estoire, je, Luces, chevaliers et sires del Chastel del Gat, voisin prochien de Salesbieres, cum chevaliers amoreus et envoisiez, enpreing a translater une partie de ceste estoire; non mie por ce que je saiche granment françois, enz appartient plus ma langue et ma parole a la manière d’Angleterre que a cele de France, cum cil qui fui en Engleterre nez. Mes tele est ma volanté et mon proposement, que jen en langue françoise le translaterai au meuz que je pourrai, non mie en cele manière que je ja i quere mançonge, mes la vérité tout droitement demonsterrai, et ferai asavoir ce que li latins devisede l’estoire de Tristan, qui fu li plus soveriens chevaliers qui onques fust ou reaume de la Grant Bretaigne, et devanti e roi Artus et après, fors soiement li très bons chevaliers Lancelot dou Lac44.
Ho detto, sembrerebbe. E la cautela è d’obbligo: in primo luogo non si dispone di dati sicuri rilevati sulla totalità della tradizione manoscritta del Tristan en prose; in secondo luogo, il dossier dell’irradiazione tristaniana - ma in generale della ‘materia di Bretagna’ - in terra iberica è fortemente lacunoso, e mancano, di conseguenza, schede importanti per un consuntivo più preciso dei testi che effettivamente circolarono; in terzo ed ultimo luogo (ma non meno importante) è opportuno non trascurare i fenomeni di tradizione sommersa che a volte riaffiorano in compilazioni tardive, come è il caso, ad esempio, della silloge tràdita dal codice fr. 358 della Bibliothèque nationale de France (1465-1475) che conserva opere di materia arturiana, ma non il Tristan en pose, e che a c. 13r inizia con questo prologo:
Au commencement du traittié du livre de Bruth, duquel […] par l’ordonnance du treshault et tresexcellent prince monseigneur Loys, duc de Bourbon, sont adjoustees parolles abregees sur le commencement de cestui present volume du noble livre de la Table Reonde, les histoires et adventures merveilleuses des roys, princes et cheraliers et aultres nommez ou dit livre de Bruth, et en especial du noble et vaillant cheralier Guiron le courtois, duquel nous entendons a raconter ses fais, proesses et vaillances, et commencerons ainsi comme en maniere de prologue a ramentevoir et descripre en brief le commencemcnt du royaulme de la Grant Bretaigne, qui ores est Angleterre appellee, et de ceulz qui regnerent ou dit royaulme et desquels furent extrais le roy Utherpendragon , pere du roy Artus, et plusieurs aultres roys et princes et chevaliers nommez ou dit livre de la Table Reonde45.
Ad ogni modo, sulla base di questi riscontri - e senza sottacerne i limiti oggettivi - sussistono giustificati sospetti che la chiosa toponimica della rubrica di B1 - “Este lais fez Elis o Baço, que foi duc de Sansonha, quando passou aa gran Bretanha, que ora chaman Ingraterra” - e gli analoghi specificativi che si rintracciano nei Linhagens di D. Pedro - “Gram Bretanha, que ora se chama Ingraterra” e “Bretanha, a que nós chamamos Ingraterra” - non siano reciprocamente indipendenti e che, anzi, la chiosa presente nella rubrica - vista la sua comparsa in un contesto affine a quello narrativo, dove invece già sul finire del ’200 risulterebbe in fortissima recessione - sia stata in qualche modo influenzata dagli altri due specificativi geografici di sicura attribuzione. A tal riguardo, ai riscontri addotti da Lorenzo Gradín se ne può aggiungere un altro, già segnalato a suo tempo da Diego Catalán, che si rinviene in un passaggio parallelo del nobiliario e della Crónica de 1344:
Livro de Linhagens E emtanto veo Gormon, que conquereo a terra e deitou todollos christaãos á perdiçom. E por esto perdeo Bretanha seu nome e poserom-lhe nome Inglaterra
Crónica de 1344 Entonçe vino Gormon e conquirio toda la tierra e echo todos los christianos en perdiçion. E por esto perdió Bretaña su nonbre e canbiose en nonbre de Inglaterra46.
E si noti, per inciso, che in entrambi i casi la specificazione geografica appare sempre in episodi relativi al passato mitico (mitologia fondativa) della Gran Bretagna. La chiosa toponimica, retaggio ormai assimilato delle fonti, doveva essere quindi un elemento ben presente nell’idioletto del Conte e del suo entourage.
Al lume di questo riscontro, però, pare poco probabile che la rubrica di B1 abbia avuto due successive fasi di redazione: la prima risalente all’epoca della circolazione autonoma della cantiga e anteriore al suo inserimento nell’exemplar di B; la seconda, limitata all’ultima pericope (“Este lais posemos acá porque era o melhor que foi feito”), coeva e contingente all’inserimento dei Lais nell’ultima fase della tradizione manoscritta47. Vista invece la possibilità di ricondurre l’intera prosa alla cerchia di D. Pedro, l’ipotesi più economica è assumere che la rubrica di B1 fu redatta in sede di confezione dell’exemplar di B quando, a livello di scelte compilative, si collocò il Lai d’Hélys ad apertura del canzoniere.
E a ulteriore conferma si può aggiungere il fatto che, nel corpus delle rubriche galego-portoghesi, il pattern compositivo con iterazione della clausola fez esta cantiga all’inizio e alla fine della prosa si riscontra soltanto nelle rubriche delle cantigas B1431-B1432, entrambe di D. Pedro:
Esta cantiga foi feita a estes cavaleiros que aqui conta que prometeron ũu alãao e sabujos, segundo aqui é ‘scrito; e, pero que lhos enviaron pedir, non os quiseron dar; e o Conde fez-lhis por én esta cantiga (rubrica di B1431)
Esta cantiga suso ‘scrita, que se começa “Martin Vasquez, no outro dia”, fez o conde a ũu jograr que avia nome Martin Vasquez, e preçava-se que sabia d’estrelosia e non sabia én nada. E colheu aí vaidade na mão ca avia d’aver eigreja de mil libras ou de mil e quinhentas; e mandou fazer corõa, e rossou a barva e foi-se Alen-Doiro, e non ouve nenmigalha; e o conde fez-lhi esta cantiga (rubrica di B1432)48.
Se si considera allora la particolare nozione di ‘autore’ che si aveva nel Medioevo e, segnatamente, in ambiente regio49 - a tal riguardo basta rileggere il prologo della General Historia di Alfonso X, laddove si afferma che “el rey faze un libro non por quel él escriva con sus manos, mas porque compone las razones d’él e las emienda e yegua e endereça e muestra la manera de cómo se deben fazer, e desí escrívelas qui él manda, peró dezimos por esta razón que el rey faze el libro”50 (e chi dice libro, dice ovviamente anche canzoniere) -, appare rafforzata la possibilità che D. Pedro sia stato, per lo meno il “mandatario”51, ovvero il ‘responsabile intellettuale’ tanto delle rubriche dei Lais, come del loro inserimento nell’ultimo stadio della tradizione.
Da questo punto di vista, però, appare ancor più evidente che, nella strategia compilativa dell’exemplar, aveva poca importanza sia l’ordine (non solo primitivo) dei Lais, sia e soprattutto la necessità di giustificare eventuali permutazioni nella sequenza dei testi bretoni, visto che il fuoco dell’attenzione si spostava dalla struttura della Laissammlung (e sempre ammettendo che ne sia esistita una) alla posizione esordiale - quasi un ‘prologo generale in versi’ - che essa veniva ad assumere nel Livro das cantigas52. In quest’ottica si comprende meglio allora perché l’unica giustificazione che viene fornita dal compilatore per mezzo della rubrica sia proprio quella che riguarda la posizione di B1, non come primus inter pares entro i componimenti della famiglia bretone, bensì, e per ragioni estetiche, come primo componimento dell’intero canzoniere: “este lais posemos acá porque era o melhor que foi feito”, dove acá rinvia, per l’appunto, all’exemplar stesso, ‘qui’, ‘ad apertura del canzoniere’, e non (o per lo meno non solo) del gruppo delle cantigas bretoni.
A me pare, in effetti, che sia proprio questo il senso più profondo, in termini metapoetici e mitopoietici, della progettualità sottesa alla collocazione dei Lais: la risemantizzazione, entro le più complesse coordinate d’un ‘progetto-canzoniere’ omnicomprensivo, d’un gruppetto di componimenti più recenti (e, in certa misura, più strettamente legati alle mode del momento) in grado però di tracciare una precisa genealogia, al tempo stesso, poetica e storica. In sede esordiale, ad apertura di canzoniere, i Lais radunavano, di fatto, un breve ma importante campionario tematico e formale dei dictatz principals della scuola lirica galego-portoghese e ne additavano le origini nel tempo mitico degli eroi bretoni e, più specificamente, nell’intricata ‘materia tristaniana’: tre cantigas d’amor tutte de meestria (B1; B3-B4) e due cantigas d’amigo (B2 e B5), una delle quali (B2) con accenti d’escarnho, ma entrambe in forma di canzoni à refrain e ‘da ballo’53.
“Don Tristan, o Namorado, fez [e]sta cantiga” è, di fatto, la scarna rubrica di B3 e, “allude alla leggenda di Tristano e Isotta (nominando i due personaggi) anche la rubrica del lai che apre il canzoniere B, ma non il testo del lai stesso”54. E se da un lato, entro la funzione esegetica della rubrica esplicativa, la menzione dei due amanti leggendari serve a fornire i dati di contesto di B1, dall’altro, nella funzione sovraordinante di cui, di norma, è depositario il primo testo d’una silloge poetica, tale menzione fissa anche le coordinate generali e le chiavi lettura, tanto in relazione al settore più immediatamente prossimo (il resto dei Lais), come nei rapporti più ampi con il resto del canzoniere.
E che si è in presenza d’un preciso progetto culturale, concepito ed eseguito in ambiente regio (o strettamente affine), verrebbe a confermarlo proprio il fatto che le uniche menzioni esplicite della ‘materia tristaniana’ - “un marchio di fabbrica regale”, come ebbe a definirlo Anna Ferrari55 - si rinvengono esclusivamente nella produzione lirica dei rei-trovatori, Alfonso X (in Castiglia-León) e suo nipote D. Denis (in Portogallo):
E, pois que o Deus assi quis,
que eu sõo tan alongado
de vós, mui ben seede fis
que nunca eu sen cuidado
en viverei, ca ja Paris
d’amor non foi tan coitado
nen Tristan;
nunca sofreron tal afan,
e nen an,
quantos son nen seeran (Alfonso X, B468)56
pero, senhor, quero-vos eu tal bem
Qual maior poss’; e o mui namorado
Tristam sei bem que nom amou Iseu
Quant’eu vos amo, esto certo sei eu;
e con tod’esto sei, mao pecado,
que mi queredes peior d’outra rem;
pero, senhor, quero-vos eu tal bem (D. Denis B522a)57.
Posto allora che il baricentro della breve Laissammlung è fissato nelle avventure di Tristano, non stupisce che D. Pedro, poeta egli stesso come il padre e come l’avo paterno, al momento di raccogliere il ric thesaur della scuola poetica iberica, abbia voluta collocarlo sotto l’emblema - una raffinata operazione di araldica poetica - delle farcissures liriche del Tristan en prose. L’operazione, in effetti, non è culturalmente neutra e D.na Carolina (come sempre) lo aveva già intuito
o Conde de Barcellos collocou os lais na primeira plana, como preambulo das trova[s] subjectivas de amor, sem indicação do nome do interprete. O modo como relata infantilmente, nos cadastros da nobreza, numerosas ficções, dando-as por verdade pura, auctoriza-nos a crêr que na sua imaginativa esses lais eram realmente producções de Tristan e de coevos de Tristan. Considerando os inventores como personagens históricos da corte do rei Artur de Bretanha onde ouvistes fallar que era muy boo […] julgava estabelecer a boa ordem chronologica ao antepô-los aos cantares mais archaicos de trovadores peninsulares que pôde colligir, compostos perto de 1200, conforme elle, de certo, não ignorava. / Quem achar injusta esta supposição deve explicar o desvio voluntarioso do plano chronologico, seguido bem ou mal na ordenação das matérias, pelo desejo do compilador do Livro das cantigas de sanar a falta de um principio ou introito suggestivo notado no cancioneiro de amor58.
Non mi sembra però necessario supporre che D. Pedro fosse tanto ingenuo da attribuire a Tristano & Company le cantigas bretoni, e mi colloco di buon grado fra coloro che spiegano “o desvio voluntarioso” dei Lais dai criteri cronologici della compilazione antica con la volontà del Conte di Barcelos di fornire un Prolog im Himmel, non solo alle cantigas d’amor, ma all’intero Livro das cantigas.
Alla domanda posta ad epigrafe di questo contributo - “este lais posemos acá” … sì, ma dove? - si può allora rispondere additando che l’avverbio di luogo non rinvia a ipotetiche permute di testi compiute entro ipotetiche (se non improbabili) Ur-Laissammlungen, ma segnala, invece, e certifica la posizione, la prima posizione, che l’aristocratico dotto compilatore aveva deciso di assegnare a B1 (e, in subordine, alle sue sorelle di ascendenza bretone) ad apertura del Livro das cantigas. In tal senso, è evidente (o, per lo meno, mi sembra evidente) il parallelo che la ‘materia di Bretanha’ stabilisce tra il nobiliario e il perduto canzoniere di D. Pedro. Come nel Livro de linhagens, il mondo bretone offriva le coordinate di contesto, nel contempo, storico e mitologico:
por esta materea seer mais crara, e os nobres fidalgos saberem gram parte dos linhagẽes dos reis e emperadores e dos feitos em breve, que forom e passarom nas outras terras, do começo do mundo u os seus avoos foram a demandar suas aventuiras, por que eles gaanharom nome, e os que deles decenderom por algũas nobrezas que aló fezerom59
così, nel Livro das cantigas, i Lais composti da Tristano e compagni, nella “gran Bretanha, que ora chaman Ingraterra”, erano additati ed esibiti come gli antesignani nobili dei cantares galego-portoghesi.
Fonti
Fonti manoscritte
Lirica galego-portoghese
Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. Lat. 4803 (Canzoniere portoghese della Vaticana = V)
Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. Lat. 7182, ff. 267r-278v (seconda copia dei Lais = V a / L).
Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. Lat. 7182, ff. 300r-307r (Tavola colocciana “Autori portuguesi” = C).
Lisboa, Biblioteca Nacional de Portugal, Cod. 10991 (Canzoniere Colocci-Brancuti = B).
Tristan en prose e romanzi arturiani
Carpentras, Bibliothèque Inguimbertine di Carpentras, ms. 404.
Paris, Bibliothèque nationale de France, fr. 757.
Paris, Bibliothèque nationale de France, fr. 358.
Wien, Österreichische Nationalbibliothek, ms. 2542.