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CIDADES, Comunidades e Territórios
versão On-line ISSN 2182-3030
CIDADES no.26 Lisboa jun. 2013
https://doi.org/10.7749/citiescommunitiesterritories.jun2013.026.art02
ARTIGO ORIGINAL
Vicini (ma non troppo). Uno studio esplorativo sul tema del vicinato in Italia*
Amarás o teu próximo (mas não demasiado). Um estudo exploratório sobre o tema da vizinhança em Itália
Love thy neighbours (but not too much). An Exploratory Study on Neighbouring in Italy
Lidia ManzoI
[I]FCSH – Faculty of Sociology - University of Trento, Italy. e-mail: lidia.manzo@soc.unitn.it
RESUMO
L’obiettivo di questo lavoro è studiare il tema del vicinato in Italia; in particolare sisono indagati due aspetti: a livelloindividuale, il grado di percezione dell’importanza delle relazioni divicinato, mentre a livello familiare, la reciprocità nello scambio di aiuti travicini di casa. Nella prima parte del lavoro viene discussa la letteratura sultema, descrivendo una serie di fattori che possono influenzare forma econtenuto del rapporto di vicinato, citando alcuni risultati di ricerca. Nellaseconda parte viene realizzata un’analisi dei dati tratti dall’IndagineMultiscopo Istat condottanell’anno 2003. Relativamente al livello di percezione del vicinato, irisultati mostrano che, a parità di caratteristiche socio-demografiche e delluogo di residenza, esiste un effetto esercitato dalla dimensione urbana e dallivello di istruzione: ovvero che al crescere della dimensione urbana decrescela probabilità di avere una percezione positiva del vicinato e cheall’aumentare del livello di istruzione aumentano le probabilità di avere unapercezione positiva del vicinato e che questo effetto del livello di istruzioneè più accentuato nelle metropoli rispetto alle altre aree urbane. Infine, loscambio di aiuti tra i vicini sembrerebbe rappresentare una realtà relazionalenon solo poco impegnativa, ma anche poco frequente.
Parole chiave: Vicini di Casa, Relazioni di Vicinato, Supporto Informale tra Vicini, Solidarietà nella Famiglia, Prossimità Abitativa ai Familiari, Italia.
ABSTRACT
This paper is an exploratory analysis on the role of neighbours and informal neighbour support in Italy. To be more precise, we have investigated two aspects: at the individual level, we studied the perception of neighbours, while at the family level, we were interested in understanding what kind of supportive relationships can be established between neighbours. In the first part, we develop our theoretical framework, describing a number of factors that can influence the form and content of the neighbourly relationship, citing some results. In the second part, we use data from the Indagine Multiscopo Istat conducted in the year 2003. Regarding the level of neighbours perception, results from binomial logistic regression models indicate that, within the same socio-demographic characteristics and place of residence, there is an effect exerted by urban dimension and level of education. Urban dimension appears to have a negative effect on positive neighbours perception. However, we also found that the higher the level of education, the more likely to have a positive perception of neighbours, and this effect is higher in metropolitan areas compared to other urban areas. Interestingly, supportive relationships among Italian families who experience housing proximity, represent not only an undemanding attitude, but also an infrequent one.
Keywords: Neighbours; Informal Neighbour Support; Family Solidarity; Residential Proximity to Kin; Italy.
Introduzione
Il vicinato assolve molteplici funzioni, quali
l’aiuto reciproco nella vita quotidiana, la possibilità di integrare i contatti
e le relazioni familiari, l’assimilazione dei nuovi arrivati e forme di
controllo sociale. Le persone stabiliscono relazioni se fanno affari insieme,
lavorano insieme, vanno in chiesa, giocano insieme o anche in altri modi, e
queste relazioni possono essere o meno altamente specializzate e altamente
organizzate. Ma le persone stabiliscono relazioni anche quando “vivono insieme
nello stesso luogo, quando conducono la propria vita domestica nella stessa
località. Le interdipendenze che stabiliscono tra loro come persone che hanno
una vita domestica, un luogo in cui dormono, mangiano e crescono la propria
famiglia, sono interdipendenze specificamente comunitarie” (Elias e Scotson,
trad. it. 2004: 231). Come spiegano Sassatelli et al. (2008), la realtà abitativa diventa, dunque, il luogo del
domestico, dove si ricostruisce incessantemente un senso di appartenenza
familiare e dove si mettono in pratica specifici set di relazioni, come quelle
con il vicinato e la città, quelle amicali, parentali o intime (Bachelard,
1957; Woodward, 2003; Giorgi, Padiglione e Pontecorvo, 2007). L’abitazione
risponde a una pluralità di bisogni, infatti.
Soddisfa esigenze di riparo, costituisce la
struttura allinterno della quale avviene la riproduzione domestica ed è il
luogo dove si svolgono le attività familiari di cura. È lo spazio della
socialità più intima ed è risorsa che soddisfa unampia gamma di bisogni di
tipo sociale, economico e simbolico alla base del benessere degli individui[2]
(Poggio, 2005: 281-282).
L’abitazione, come sostiene Cordini (2012),
oltre a garantire la vita intima e privata del nucleo abitativo, è anche un
mezzo fondamentale nelle pratiche di socialità, indispensabile per la nascita
delle relazioni con lo spazio esterno e per dare vita alle interazioni, come
quelle di vicinato ad esempio. Il vicino diventa, quindi, anch’esso di
fondamentale importanza. Tuttavia, questa figura esprime ad un tempo prossimità
e lontananza: è vicino per la prossimità spaziale, ma è anche lontano in virtù
di quella instabilità che Mutti (1992) definisce “in qualche misura comune a
tutte le relazioni di vicinato”. Vicinanza e distanza si riflettono nelle tre
caratteristiche dal cui precario equilibrio dipende la qualità dei rapporti di
vicinato: il comportamento amichevole, la disponibilità all’aiuto e la tutela
della privacy. Un simile e precario
equilibrio rischia d’incrinarsi “in ragione del differente significato che
vicinanza e lontananza assumono, alla luce delle diverse consuetudini e delle
diverse forme di organizzazione della vita quotidiana.” (Agustoni, 2003: 129)
È evidente che loggetto delle relazioni di
vicinato non si limita esclusivamente alle buone maniere e a comportamenti
rituali di rispetto o, nel peggiore dei casi, di conflitto; piuttosto, appare
interessante approfondire il ragionamento sulla disponibilità allaiuto.
Infatti, fra i vicini di casa vi può essere un certo scambio di beni e servizi,
ad esempio il prestito di piccole quantità di provviste e di utensili
domestici, lassistenza dei bambini o la sorveglianza della casa, in una sorta
di reciprocità generalizzata. I contenuti e lestensione di questa reciprocità
possono variare. Se il tempo che si dedica ai rapporti con i vicini dipende dal
proprio repertorio di ruoli, la necessità dello scambio si configura
diversamente. Se i parenti e gli amici sono facilmente accessibili, si può non
avere bisogno dei servizi occasionali dei vicini più prossimi (Hannerz, 1980).
Allo stesso tempo, Di Nicola, Stanzani e Tronca (2008) - nella loro ricerca sulle
reti di prossimità[3]- affermano l’esistenza di profondi e
radicali mutamenti che hanno investito le relazioni comunitarie nella società
contemporanea. Gli autori arrivano a concludere che tramontata l’unità di
sangue, luogo e spirito, rimangono relazioni ampiamente elettive, giocate
sull’affinità e sulla omofilia e, pertanto più orientate al riconoscimento che non agli
aiuti strumentali, più alla conferma dellidentità che non allo scambio di beni
e di servizi tangibili, anche se nella struttura possono circolare beni di tale
natura. È una struttura relazionale che, in quanto de-contestualizzata, si
regge su strategie di prossimità figlie di una politica della vita quotidiana
che è distintiva di gruppi sociali e di soggetti e non di un territorio, di un
ambito, di un contesto sociale (Ibid.: 40).
Questo lavoro nasce proprio dall’intenzione di
voler esplorare più approfonditamente il rapporto di vicinato, al fine di far
maggior chiarezza rispetto a diffuse convinzioni e conoscenze di senso comune
secondo cui - come verrà meglio approfondito nella discussione della
letteratura - il processo di urbanizzazione tenderebbe a ridurre drasticamente
sia l’intensità che la frequenza delle relazioni tra i vicini.
Una
reciprocità, quella di vicinato appunto, che può sviluppare legami di supporto
informale e solidarietà, ma anche sentimenti contrastanti, come possiamo
comprendere dalle parole estratte da questa intervista che ben rappresentano
l’ambito che andremo ad analizzare.
«Io abitavo, appunto, in un condominio
per me
era naturale andare a suonare ad una porta per chiedere se avevano la polvere
per fare una torta, no? Tantè che una volta la signora sul pianerottolo mi
disse: Senti te sa che ora che lè?
Oddio digo, No! Va che lè
mezzanotte.
Però cera quel
ecco io da quanto sono venuta qui, che sono qui
in questa casa (
) ma, insomma, ho tentato ma è stato un viaggio senza
riscontro, cioè io sono andata ancora magari a chiedere, ma anche per
allacciare un rapporto: Senta per caso mi mancherebbe un panino
se le
avanza
un panino oggi, glielo rendo domani
non ti viene di farlo proprio perché ti
accorgi che si
si stupiscono, no? Cioè si, insomma, non
io lho fatto qualche
volta così anche perché cera delle persone anziane e sole con cui avevo
iniziato e avevo avuto anche un bel rapporto ma adesso qui vicino cè una
famiglia di albanesi, una famiglia dove cè giro grosso di presenze e così
loro
una bella famiglia per fare tanto rumore per cui non tutti sono contenti.
Dove cè una vita di relazione proprio molto ampia, ecco qui oso suonare, ma in
altri posti mi faccio un po di riguardo perché mi accorgo che pur nella
gentilezza cè questa formalità che ti dice: Stai a casa tua però che io mi arrangio
questa è la sensazione»[4].
1. Chi è il vicino, e come si definisce il
vicinato?
1.1 Concetti
e rassegna della letteratura
In alcuni casi la risposta a entrambe queste
domande può essere univoca. Gli organismi di governo che organizzano il
territorio in strutture amministrative locali, in certi casi, inducono gli
abitanti a svolgere attività comuni in uno stesso ambito spaziale. In altri
casi sono associazioni come i “comitati di quartiere” a regolare alcune
relazioni di vicinato. Ma in termini più generali è possibile definire vicini
coloro che risiedono in prossimità gli uni degli altri.
Come spiega Hannerz (1980), “i vicini
acquisiscono di norma consapevolezza della loro presenza reciproca e ricorrente
nello spazio pubblico circostante e conseguentemente dei rapporti particolari
che intrattengono con esso. È anche probabile che manifestino questa
consapevolezza attraverso segni di riconoscimento che si scambiano quando si
incontrano. Ciò rende la loro relazione diversa da quella che si intrattiene
con un estraneo” (trad. It. 1992: 433).
La prossimità abitativa può essere vissuta
soggettivamente nei modi più diversi perché riflette delle relazioni sociali,
attuali o potenziali. Ne deriva, di conseguenza una certa variabilità nella
definizione che gli attori danno di vicino: chi vive nella porta accanto,
coloro che si trovano nello stesso caseggiato o nel gruppo di case attigue o
addirittura nello stesso quartiere. Accettando questa difficoltà definitoria,
si è deciso di riprendere i risultati della ricerca effettuata da Mutti [5] (1992) da cui è possibile affermare che i fattori architettonici e logistici
assumono un peso molto più rilevante delle variabili personali (grado di
percepita sicurezza dell’area, impegno/disimpegno sociale/politico) e
socio-demografiche di base. Come è possibile osservare nelle tabelle 1 e 2, più
della metà degli intervistati, il 54,8%, ritiene che i vicini di casa siano
coloro che abitano nello stesso edificio, mentre il 28,5% li colloca
addirittura entro i limiti spaziali dello stesso piano, 17,0%, o della porta accanto,
11,5%. Dunque, l’83,3% del campione ha una concezione di prossimità abitativa
del vicino entro le coordinate dello stesso edificio e, complessivamente, solo
il 14,8% li colloca in un contesto esterno allo stesso.
Tabella 1. Definizione di vicini
Coloro che vivono nella porta accanto o di fronte |
11,5 |
Coloro che vivono nello stesso piano |
17,0 |
Coloro che abitano nello stesso edificio |
54,8 |
Coloro che abitano nello stesso gruppo di 4 o 5 edifici |
3,5 |
Coloro che abitano nella stessa via |
4,5 |
Coloro che abitano nello stesso quartiere |
6,8 |
Non risponde |
1,9 |
Totale |
100 |
(N) |
(400) |
Fonte:
Mutti (1992: 28).
|
Anni di scuola freq. |
Classe sociale
|
Sicurezza percepita |
||||
Oltre 13 |
Fino a 13 |
Borghesia |
Media e Operaia |
Molto |
Abbastanza |
Poco |
|
Coloro che sono collocati entro lo stesso edificio |
77,9 |
89,0 |
79,5 |
87,3 |
67,5 |
86,4 |
90,1 |
Coloro che sono collocati esternamente allo stesso edificio |
22,1 |
11,0 |
20,5 |
12,7 |
32,5 |
13,6 |
9,9 |
Totale |
100 |
100 |
100 |
100 |
100 |
100 |
100 |
(N) |
(137) |
(255) |
(112) |
(276) |
(40) |
(265) |
(81) |
Fonte: Mutti (1992: 31).
Confrontando poi la definizione di vicini
“collocati nello stesso edificio” rispetto ad alcune caratteristiche dell’intervistato,
sia socio-demografiche che legate a variabili personali (il grado di sicurezza
percepita) l’andamento viene confermato. Come possiamo vedere in tabella 2, tra
il 70 e il 90% dei rispondenti si dichiara d’accordo con questa definizione nonostante
un diverso livello di scolarizzazione, la classe sociale o la sicurezza
percepita (alti livelli di scolarizzazione e l’appartenere alla borghesia
producono un lieve, ma significativo, ampliamento del raggio di estensione del
vicinato, così come la sensazione di sicurezza indotta dall’abitare in un’area
ritenuta socialmente tranquilla).
La letteratura ha individuato una serie di
fattori che influenzano forma e contenuto del rapporto di vicinato. Queste
dimensioni sono senz’altro connesse a elementi spazio-temporali, oltre che a
specifiche caratteristiche personali dei soggetti e a variabili
socio-strutturali di base.
Elementi spazio-temporali, come la prossimità
abitativa, presente nel concetto stesso di vicino e in funzione della struttura
architettonica degli stabili, possono favorire o scoraggiare le interazioni
faccia a faccia. L’anzianità di residenza, e quindi l’essere più o meno
radicati o da poco arrivati in un quartiere può essere un fattore di rilievo.
Il fatto che la durata della residenza possa essere un fattore di
stratificazione delle famiglie e dei gruppi è piuttosto noto. Lo studio tra
“vecchie” e “nuove” famiglie a Winston Parva effettuato da Elias e Scotson
(1965) può rappresentare qualche passo in avanti verso la soluzione del
problema del perché la “lunghezza della residenza” e “l’anzianità della
famiglia” possano incidere profondamente sulle relazioni tra le persone.
All’aumentare del grado di urbanizzazione (e
quindi della densità sociale, della mobilità territoriale e dello sviluppo dei
mezzi di comunicazione) può diminuire l’importanza data all’interazione coi
vicini, poiché, la popolazione urbana è più selettiva nei confronti di parenti,
vicini ed amici. Secondo Fisher (1982) esiste uno “specifico” urbano che
produce l’effetto di accrescere le sue possibilità di scelta razionale;
rispetto ai residenti rurali, gli abitanti di aree altamente urbanizzate hanno
un mondo relazionale più esteso, diversificato e dai contenuti più
specializzati. A sua volta Bulmer (1986) ha proposto una distinzione tra
modelli di vicinato tradizionale, caratterizzati da solidarietà, reciprocità e
fiducia, e quelli moderni, che non costringono i vicini entro relazioni
reciproche molto vincolanti e quindi lo definiscono in termini di mobilità, scelta,
organizzazione e politica. “Se la mobilità e la scelta sono due lineamenti
distintivi degli effetti sociali dell’industrializzazione, l’organizzazione
formale e una sfera di vita pubblica e politica allargata ne rappresentano
altri due” (1986: 92-95). Questo ragionamento ci riporta alle teorie di
Ferdinand Tönnies sulla comunità. L’autore, come si può comprendere nel libro Gemeinschaft und Gesellschaft (Comunità
e Società), vide nel passaggio dalle società tradizionali (rurali) alle società
industriali (moderne) il motivo della scomparsa di quelle caratteristiche del
simbolismo della comunità nel XIX secolo caratterizzate da un elevato livello
di conoscenza personale, intimità, coesione sociale, impegno morale e
continuità nel tempo. Tönnies, costruisce per molti aspetti un’immagine
idealizzata della comunità tradizionale, basata su rapporti di sangue e vincoli
di solidarietà connessi con la stabile presenza sul territorio, in antitesi con
la moderna società urbana.
Anche l’ammontare di tempo trascorso quotidianamente
in casa è un fattore che influenza non solo le opportunità relazionali con il
vicinato, ma anche la possibilità di scambiare aiuti; tale condizione è
influenzata da alcune peculiari situazioni occupazionali, come quelle di
casalinghe e pensionati, o da problemi relativi a una ridotta autonomia fisica
e motoria.
Alcune caratteristiche socio-demografiche sono,
poi, da tenere in considerazione. Riguardo l’età e lo stadio del ciclo di vita,
gli adulti con bambini sono ampiamente riconosciuti come i soggetti più attivi
nelle relazioni di vicinato e, quindi, in modo particolare ci si può riferire
alle madri e alla presenza di bambini in famiglia. Anche gli anziani,
soprattutto là dove sono presenti delle difficoltà motorie, hanno una tendenza
a incentivare questi rapporti (Fischer 1982). Relativamente alla classe
sociale, si può effettuare una riflessione sul diverso grado di socievolezza
della classe operaia rispetto a quella media/alta. Secondo Allan (1979) le
motivazioni di tale differenza sarebbero da ricercarsi negli specifici contesti
sociali che contestualizzano la classe operaia (ambienti segregati, relazioni
che si svolgono principalmente nel raggio casa-lavoro) piuttosto che quella
media e alta (maggior possibilità di risorse e di scelta). Di selettività e
individualizzazione delle classi medio-alte parla anche Keller (1968) che
caratterizza, invece, come estese e solidaristiche le relazioni di vicinato
nelle aree di classe operaia. Anche i livelli di reddito e istruzione, che
influiscono sulle caratteristiche dei network personali, possono essere presi
in considerazione. Fischer (1982) mette in evidenza che le maggiori possibilità
di selezione e scelta nelle opportunità di relazione sono influenzate da
precise variabili strutturali: istruzione, occupazione, reddito, ciclo di vita,
genere ecc. Fra questi, sarebbe il livello di istruzione il fattore con il più
forte effetto sul network personale, a parità di altre condizioni, più alto è
il livello di istruzione, più socialmente attive sono le persone, più largo è
il loro network, più amici esso conta, più intime le loro relazioni e più vasto
è il raggio geografico dei loro legami. In generale, l’istruzione in se stessa
significa “più vasti, profondi e ricchi networks” (Fischer, 1982: 260). Dopo il
livello di istruzione, è il reddito della famiglia la variabile che influisce
più significativamente sul tipo di rete. Salendo nella scala sociale gli
individui possono contare su un migliore e più consistente sostegn o pratico
rispetto ai più poveri: aumentando l’ampiezza e le risorse del network si
intensificano le strategie selettive (Piselli, 2001).
Inoltre, la prossimità familiare, può entrare in
gioco in queste considerazioni se viene intesa come alternativa ai rapporti di
vicinato. La possibilità di interazione quotidiana con soggetti appartenenti
alla sfera familiare, parentale o amicale, compete con i rapporti di vicinato,
sia in termini di scambi di informazioni e socievolezza, che in termini di
aiuto.
Infine, relativamente a quegli aspetti dell’assistenza
legati alla cura di minori, anziani o soggetti non autosufficienti, diverse
ricerche dimostrano che la rete parentale svolge un ruolo di primaria
importanza rispetto alle altre reti informali, e ciò vale sia che ci si trovi
in un ambito rurale che urbano (Fischer, 1982; Allan, 1985; Balbo, 1987; Bulmer,
1987). Si può, quindi, in linea di massima affermare che, dopo la rete
parentale, gli altri attori di rilievo siano amici e vicini di casa (Litwak,
Szelenyi, 1969; Bulmer 1987). Nonostante la produzione empirica sulla famiglia
estesa “modificata”, come la definisce Litwak (1960), si conosce ancora poco
sull’entità degli scambi di aiuti che avvengono in questi ambiti, nonché sulla
percezione dell’importanza del ruolo svolto dai vicini di casa. A questo scopo,
si ritiene di poter contribuire, almeno in una fase esplorativa, a colmare
quella sostanziale carenza empirica.
1.2 Interrogativi
e ipotesi di ricerca
Questo lavoro nasce, dunque,
dall’approfondimento alcune delle questioni precedentemente sollevate; in
particolare si desidera indagare due aspetti:
a livello individuale, il grado
di percezione dell’importanza delle relazioni di vicinato, mentre a livello
familiare, la reciprocità nello scambio di aiuti tra vicini di casa. Pertanto,
anche l’analisi seguirà questo doppio binario, così costituito fin dalle
domande di ricerca [6].
1.2.1 La
percezione del vicinato
Relativamente a quanto emerso dalla letteratura,
si vuole porre l’attenzione sulle mutate condizioni delle società complesse,
dei contemporanei processi di urbanizzazione che sembrerebbero definire modelli
di vicinato più fluidi e meno vincolanti. A questo proposito, in primis, si vuole comprendere
RQ1 -
Che tipo di percezione si ha del vicino, positiva o negativa?
Mettendo, poi, in successiva analisi, le
caratteristiche socio-demografiche dei soggetti per comprendere se le ipotesi
teoriche associate al livello di istruzione, al genere o all’età, ad esempio,
abbiano un effetto, e quindi ci si domanda se
RQ1.1 -
Tale percezione è associata alle variabili socio-demografiche di base?
Le conoscenze di senso comune ci dicono che nei
contesti ad alta densità urbana le relazioni di vicinato si siano notevolmente
allentate. Dall’analisi della letteratura emerge, infatti, che all’aumentare
delle dimensioni della comunità diminuiscano i rapporti con i vicini (Keller,
1968; Tsai, Sigelman, 1982; Fischer, 1982, Wilmott ,1986, 1987; Bulmer, 1987).
Quindi, approfondendo la questione, si cercherà di rispondere ad un ulteriore
domanda:
RQ1.2 -
L’effetto del titolo di studio sulla percezione del vicinato è il medesimo nei
diversi contesti urbani?
1.2.2. Lo
scambio di aiuti delle famiglie con i vicini di casa
La seconda parte di questo studio si è posto un
obiettivo esplorativo, teso a verificare se esistano, e in che forma, riserve
di solidarietà sociale e di altruismo tra i vicini di casa, ovvero, indagando
per passi successivi se:
RQ2 -
Vengono scambiati aiuti fra i vicini di casa?
e poi, nel caso affermativo,
RQ2.1 -
Quali tipi di aiuti si scambiano i vicini?
Dalle considerazioni che seguiranno, dunque, ci
si ripropone di valutare quanto siano fondate le evidenze empiriche a
disposizione dalla letteratura, controllando, nel caso italiano, le seguenti
ipotesi di ricerca:
Ipotesi 1:
le variabili socio-demografiche di base sono in relazione con la percezione del
vicinato; si ipotizza soprattutto che:
Ipotesi
1.1 - esista un effetto della dimensione urbana,
ovvero che al crescere della dimensione urbana decresca la probabilità di avere
una percezione positiva del vicinato, per verificare se lo sviluppo urbano (in
termini di densità sociale, mobilità territoriale e dei mezzi di comunicazione)
possa contribuire alla diminuzione dell’importanza data alla relazione di
vicinato.
Ipotesi
1.2 - a) all’aumentare del livello di istruzione
aumentino le probabilità di avere una percezione positiva del vicinato, inoltre
b) che questo effetto del livello di istruzione sia più accentuato nelle
metropoli rispetto ad aree urbane più piccole, sulla base delle ipotesi
teoriche che indicano l’istruzione come fattore d’influenza nei network
personali. Si vuole verificare se all’aumentare del livello educativo e
dell’ampiezza delle risorse dei network si intensificano quelle strategie
selettive che aumenterebbero la propensione ad avere una percezione positiva
dei vicinato.
Ipotesi
1.3 - le donne abbiano maggiori probabilità di
avere una percezione positiva del vicinato rispetto agli uomini, perché dedite
ad attività legate alla sfera domestica e quindi avere maggiori occasioni di
relazione con il vicinato.
Ipotesi
1.4 - i pensionati e gli inattivi abbiano una più
alta probabilità di avere una percezione positiva del vicinato, per le stesse
ragioni sopra esposte, ovvero una maggior presenza fra le mura domestiche.
Ipotesi 2:
la tipologia familiare sia in relazione con la percezione del vicinato, in
particolare si ipotizza che:
Ipotesi
2.1 - le coppie con figli abbiano maggiori
probabilità di avere una percezione positiva del vicinato rispetto alle altre
tipologie familiari;
Ipotesi
2.2 - la presenza di figli piccoli (meno di 14
anni) all’interno del nucleo familiare possa influire sulla percezione positiva
del vicinato;
Ipotesi
2.3 - sulla base di quest’ultima ipotesi si
ritiene, però, che un nucleo possa rivolgersi ai parenti più stretti, qualora
abbia bisogno di piccoli aiuti per la gestione familiare. Pertanto, si ipotizza
che il grado di prossimità spaziale dei genitori (la famiglia di origine)
influisca sulla percezione del vicinato, nello specifico che all’aumentare
della vicinanza dei genitori diminuisca la probabilità di avere una percezione
positiva del vicinato. La prossimità dei familiari all’abitazione può, infatti,
rappresentare una valida risorsa che entra in competizione con la reciprocità
di aiuti di vicinato (e quindi anche di relazione); al contrario, la presenza
di figli – piccoli in particolar modo – può costituire una
dimensione che facilita tali rapporti fra vicini di casa.
Infine, indagando fra le due dimensioni
dell’aiuto reciproco di vicinato [aiuti dati alla famiglia (si/no) e aiuti
ricevuti dalla famiglia (si/no)], seguendo le ipotesi teoriche sopra riportate,
si è interessati a effettuare una esplorazione al fine verificare empiricamente
questa tipologia, ovvero:
Integrate: famiglie che danno e ricevono aiuti [si;si];
Isolate: famiglie che non danno e non ricevono
aiuti [no;no];
Generose: famiglie che danno aiuti, ma non ne
ricevono [si;no];
Opportuniste: famiglie che non danno aiuti, ma
ne ricevono [no;si];
Tale tipologia può essere rappresentata
attraverso il modello grafico di un quadrato, in cui le relazioni tra i quattro
vertici si definiscono in termini di contraddizione-contrarietà e affermazione-negazione
(in figura 1).
1.3 Dati, metodi, variabili
I dati utilizzati provengono dall’indagine Multiscopo ISTAT condotta nell’anno 2003. In particolare, l'indagine che si è utilizzata, «Famiglia e soggetti sociali», è di tipo cross-sectional e fa parte del ciclo di rilevazioni tematiche sulle famiglie, condotta ogni cinque anni a partire dal 1998. Le differenti tematiche che si susseguono nei questionari permettono di approfondire vari punti del vivere quotidiano: il ciclo di vita individuale e familiare, i rapporti interni alla famiglia, le reti di relazione con parenti, amici e vicinato e molto altro ancora. A questo scopo è stato possibile lavorare sia su domande rivolte agli individui che alle famiglie, con un dettaglio territoriale fissato a livello della dimensione urbana.
Tuttavia, nonostante la Multiscopo costituisca la principale fonte statistica sulla struttura familiare e sulle caratteristiche sociali della famiglia in Italia, non rappresenta propriamente la base dati ideale per le dimensioni che ci si è prefigurati di indagare. Come andremo a chiarire meglio nelle conclusioni, occorre premettere che ad oggi in Italia mancano dati longitudinali esaurienti sulle carriere abitative e sull’intrecciarsi di questi percorsi con quelli della vita professionale e familiare (Poggio, 2009).
1.3.1 Le variabili dipendenti
(RQ1) - La percezione dei soggetti sul vicinato è stata analizzata partendo dalla
domanda dell’indagine Multiscopo che chiede ai soggetti se ci siano persone sui
cui contare tra i vicini di casa. Tale variabile è stata dicotomizzata in sole
due categorie: “No” e “Sì” (che viene a comprendere tutte e due le seguenti
risposte positive: “Sì, una persona o una famiglia” e “Sì, alcune persone o
famiglie”).
(RQ2) - Lo scambio di aiuti tra la famiglia e i vicini di casa: le svariate categorie
di aiuto, sono state ricodificate in 4 categorie (le stesse sia per gli aiuti
dati che per quelli ricevuti): Economico, Prestazioni sanitarie, Accudimento e
Compagnia [accudimento/assistenza di adulti e di bambini, aiuto in attività
domestiche, compagnia, accompagnamento, ospitalità], Aiuti e Prestiti di
routine [pratiche burocratiche, piccola manutenzione della casa, aiuto nello
studio, prestiti di generi alimentari, di vestiario, ecc]. Effettuata la
ricodifica degli aiuti dati e ricevuti, si è provveduto a ricavare una nuova
variabile che identificasse esclusivamente quelli ai/dai vicini di casa,
incrociando i dati sul tipo di aiuto prevalente (dato e ricevuto) con quelli
relativi al destinatario o al mittente dell’aiuto.
1.3.2 Le
variabili indipendenti
Il genere,
come variabile socio-demografica fondamentale, è presente nelle due categorie
maschio-femmina.
L’età è misurata in sei categorie: 14-24 anni: 25-34 anni; 35-44 anni; 45-54 anni;
55-64 anni e oltre i 65 anni.
L’istruzione
è misurata in quattro livelli, in base al titolo più elevato ottenuto. Sono
quindi state ricodificate, rispetto alla variabile originale, questi livelli:
fino alle elementari[analfabeti, analfabeti privi di titolo di studio, licenza
elementare], licenza media[licenza media], diploma[diploma scolastico di
qualifica, diploma di maturità e diploma terziario di tipo non universitario] e
laurea [diploma universitario e diploma di laurea].
L’area
geografica di residenza è ripartita in cinque categorie a seconda delle
classiche ripartizioni geografiche dellItalia a cura di Istat: Nord-Ovest
[Piemonte, V. Aosta, Liguria, Lombardia], Nord-Est [Trentino-A.Adige, Veneto,
Friuli, Emilia R.], Centro [Toscana, Umbria, Marche, Lazio], Sud [Abruzzo,
Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria] e Isole [Sicilia, Sardegna].
La dimensione
urbana è stata ricodificata in cinque categorie a seconda della dimensione:
Piccoli Comuni [fino a 2.000 abitanti], Comuni [da 2001 a 10.000 abitanti],
Città [da 10.001 a 50.000 abitanti], Grandi città [oltre 50.000 abitanti] e Metropoli
[area metropolitana].
La condizione
occupazionale è stata misurata attraverso la condizione professionale dei
capi-famiglia. Pertanto si è proceduto a creare quattro categorie che
identificano gli occupati, i disoccupati [in cerca di prima o nuova
occupazione], gli inattivi [studenti, casalinghe e inabili] e i pensionati.
La tipologia
familiare viene rilevata in quattro categorie che considerano la
composizione del nucleo familiare nell’alloggio di riferimento: single
[unipersonali], coppia senza figli, coppia con figli, monoparentale [un solo
genitore].
Il titolo
di godimento dell’abitazione principale è stato ricodificato in tre
categorie: Proprietà, Affitto e Altro [usufrutto, titolo gratuito, altro
titolo].
La prossimità
dei genitori all’abitazione di residenza è stata dicotomizzata in due sole
categorie : No [nessuno dei due genitori abita entro i 16 km] e Sì [almeno uno
dei genitori abita entro i 16 km].
La presenza
di figli piccoli nella famiglia è stata dicotomizzata in due sole
categorie: No [non ci sono figli minori di 14 anni] e Sì [almeno un figlio
minore di 14 anni].
Come già detto, ci si è posti l’obiettivo di
indagare la percezione sui vicini di casa, guardando ai soggetti, e gli aiuti
dati/ricevuti ai/dai vicini di casa, considerando
le famiglie. La lista delle
domande della Multiscopo relative agli aspetti sopra indicati (e le relative
variabili associate) è riportata in appendice.
Riguardo alle tecniche, oltre ad alcune analisi
bivariate esplorative, questo studio utilizza la regressione logistica
binomiale per esprimere la distribuzione della variabile dipendente categoriale
dicotomica (relativa alla percezione positiva o negativa dei vicini) come
funzione delle variabili indipendenti sopra descritte[7]. Le
elaborazioni sono state effettuate con il software statistico Stata.
Infine, si è deciso di non operare su
sottocampioni, ma di mantenere la totalità dei casi e di controllare poi in
fase di analisi per le diverse variabili socio-demografiche di base.
2. La Percezione Del Vicinato
2.1 «Posso
contare sul vicino di casa?»
La percezione del vicinato è stata rilevata
attraverso un confronto diretto di tipo dicotomico:
Vicini importanti vs non importanti. Come si può vedere
dalla distribuzione presentata in tabella 3, l’ago della bilancia pende di
pochissimo verso la percezione negativa, 50,4%, contro il
49,6% dei
rispondenti che, al contrario, ne hanno una percezione positiva[8].
Tabella. 3. Percezione dei vicini di casa: «posso contare sul vicino» vs. «non posso contare sul vicino» (%).
Ci sono persone che abitano vicino sulle quali può contare? |
|
No |
50,4 |
Sì |
49,6 |
|
|
Totale |
100 |
(N) |
(43.032) |
Fonte: Elaborazione personale su dati Multiscopo Istat 2003.
Si ritiene di proseguire analizzando l’aspetto
della percezione in relazione ad alcune variabili socio-demografiche;
preliminarmente, si è deciso di eliminare tutti i casi con una o più
informazioni mancanti sulle variabili oggetto di analisi. L’analisi bivariata,
proposta anche in appendice alla tabella A-1,
mostra differenze in punti percentuali
di rilievo solo tra alcune categorie. E’ di interesse per le nostre ipotesi
iniziali che all’aumentare del livello di istruzione aumenti la percezione
positiva del vicinato, con uno scarto complessivo di circa sei punti
percentuali tra chi ha la licenza elementare/media, 48,7/47,9%, e chi è
laureato, 54,5%. Ancor più rilevante è, invece, la situazione in riferimento
alla dimensione urbana di residenza: hanno una percezione maggiormente positiva
coloro che vivono in piccoli comuni, 56,4% piuttosto che in grandi città,
44,7%, e in metropoli, 46,9%. La percentuale di proprietari che ha una
percezione positiva del vicinato è del 51,4%, che si allontana di sei punti
percentuali da coloro che abitano in affitto, 43,5%. Si nota, che, con una
massima differenza di cinque punti percentuali, la quota più elevata di
percezione positiva rispetto ai vicini di casa si trova fra gli adulti di età
compresa fra i 35 e i 64 anni, tra il 50,7% e il 51, 9%, quota che scende tra
il 46-47% fra i più giovani e il 49% fra gli over 65. Non risultano differenze
significative rispetto al sesso o alla tipologia familiare. Risalta, però, la
bassissima quota di percezione positiva nella categoria dei disoccupati, 41,3%,
contro il 58,9% degli occupati, o il 51,9% dei pensionati. Si attestano con una
differenza di tre punti percentuali gli indicatori di prossimità spaziale dei
genitori e di presenza di figli piccoli nella famiglia.
L’analisi bivariata si
è rivelata utile in fase esplorativa per capire se e in quale misura la percentuale
di coloro che ha una percezione positiva del vicinato
variasse in funzione
delle principali caratteristiche socio demografiche di base. A questo punto
siamo interessati a stimare l’effetto netto esercitato da ciascuna variabile
socio demografica, controllando per l’effetto esercitato dalle altre variabili
“antecedenti e rilevanti”, secondo la logica descritta da Corbetta, Gasperoni e
Pisati (2001: 184-85).
Come presentato in tabella 4, il modello
prescelto mostra come esista nel complesso un’associazione tra la dimensione
urbana, il titolo di studio ed il titolo di godimento dell’abitazione, per le
seguenti evidenze: a.
Al crescere della dimensione urbana decresce la
probabilità di avere una percezione positiva del vicinato: chi vive in un piccolo
comune ha circa una volta e mezzo (1,455; i.c.[9]: 1,334;
1,586) la
propensione ad avere una percezione positiva del vicinato, rispetto a chi abita
in una metropoli;
b.
All’aumentare del livello di istruzione
aumentano le probabilità di avere una percezione positiva del vicinato: chi è
laureato ha quasi una volta e mezzo (1,451; i.c.: 1,320; 1,595) la propensione
ad avere una percezione positiva del vicinato, rispetto a chi ha la licenza
elementare; c.
Un’ultima evidenza emerge dai valori relativi al
titolo di godimento dell’abitazione: chi abita in affitto ha meno probabilità
(0,787;
i.c.: 0,743; 0,832) di avere una percezione positiva del vicinato di
chi abita in una casa di proprietà. Purtroppo, non è possibile valutare se
questo effetto non sia semplicemente dovuto al fatto che le persone che
possiedono una abitazione risiedono nel luogo i cui abitano da più tempo
rispetto agli affittuari.
Tabella.4. Modello di regressione logistica binomiale per l’analisi della percezione del vicinato.
Modello 1 |
Modello 2 |
Modello 3 |
Modello 4 |
|||||||||
OR |
SE |
P |
OR |
SE |
P |
OR |
SE |
P |
OR |
SE |
P |
|
Sesso |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Maschioa |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
Femmina |
1,098 |
0,023 |
0,000 |
1,103 |
0,026 |
0,000 |
1,108 |
0,026 |
0,000 |
1,082 |
0,027 |
0,001 |
Età |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
35-44 annia |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
14-24 anni |
1,098 |
0,023 |
0,000 |
0,883 |
0,034 |
0,001 |
0,886 |
0,035 |
0,002 |
0,921 |
0,038 |
0,047 |
25-34 anni |
0,852 |
0,031 |
0,000 |
0,883 |
0,030 |
0,000 |
0,897 |
0,031 |
0,001 |
0,907 |
0,031 |
0,005 |
45-54 anni |
0,896 |
0,030 |
0,001 |
1,059 |
0,036 |
0,092 |
1,035 |
0,036 |
0,323 |
1,064 |
0,038 |
0,082 |
55-64 anni |
1,041 |
0,035 |
0,230 |
1,109 |
0,046 |
0,012 |
1,073 |
0,047 |
0,107 |
1,113 |
0,050 |
0,018 |
oltre i 65 anni |
1,052 |
0,036 |
0,139 |
1,012 |
0,059 |
0,842 |
0,983 |
0,061 |
0,785 |
1,019 |
0,064 |
0,761 |
Ripartizione geografica |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Nord-ovesta |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
Nord-est |
1,019 |
0,034 |
0,568 |
1,019 |
0,034 |
0,586 |
1,014 |
0,034 |
0,675 |
1,013 |
0,034 |
0,707 |
Centro |
0,993 |
0,035 |
0,839 |
1,004 |
0,035 |
0,899 |
0,993 |
0,035 |
0,843 |
0,992 |
0,035 |
0,827 |
Sud |
0,821 |
0,025 |
0,000 |
0,848 |
0,027 |
0,000 |
0,843 |
0,027 |
0,000 |
0,843 |
0,027 |
0,000 |
Isole |
0,873 |
0,035 |
0,001 |
0,915 |
0,037 |
0,028 |
0,900 |
0,037 |
0,010 |
0,899 |
0,037 |
0,009 |
Dimensione urbana |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Metropolia |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
Grandi città |
0,916 |
0,033 |
0,015 |
0,897 |
0,033 |
0,003 |
0,889 |
0,032 |
0,001 |
0,890 |
0,032 |
0,001 |
Città |
1,078 |
0,035 |
0,022 |
1,086 |
0,036 |
0,011 |
1,060 |
0,035 |
0,078 |
1,060 |
0,035 |
0,078 |
Comuni |
1,313 |
0,042 |
0,000 |
1,348 |
0,043 |
0,000 |
1,308 |
0,042 |
0,000 |
1,308 |
0,042 |
0,000 |
Piccoli comuni |
1,461 |
0,064 |
0,000 |
1,506 |
0,066 |
0,000 |
1,456 |
0,064 |
0,000 |
1,455 |
0,064 |
0,000 |
Titolo di studio |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Fino alle elementaria |
|
|
|
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
Licenza media |
|
|
|
1,092 |
0,038 |
0,012 |
1,083 |
0,038 |
0,022 |
1,079 |
0,038 |
0,030 |
Diploma |
|
|
|
1,285 |
0,046 |
0,000 |
1,252 |
0,045 |
0,000 |
1,247 |
0,045 |
0,000 |
Laurea |
|
|
|
1,508 |
0,072 |
0,000 |
1,456 |
0,070 |
0,000 |
1,451 |
0,070 |
0,000 |
Condizione professionale |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Occupatia |
|
|
|
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
Disoccupati |
|
|
|
0,767 |
0,037 |
0,000 |
0,777 |
0,037 |
0,000 |
0,780 |
0,037 |
0,000 |
Inattivi |
|
|
|
0,998 |
0,031 |
0,956 |
0,985 |
0,030 |
0,621 |
0,980 |
0,030 |
0,515 |
Pensionati |
|
|
|
1,070 |
0,047 |
0,123 |
1,050 |
0,046 |
0,268 |
1,042 |
0,046 |
0,352 |
Tipologia familiare |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Singlea |
|
|
|
|
|
|
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
Coppia con figli |
|
|
|
|
|
|
1,116 |
0,043 |
0,005 |
1,100 |
0,043 |
0,015 |
Coppia senza figli |
|
|
|
|
|
|
1,075 |
0,048 |
0,103 |
1,077 |
0,048 |
0,092 |
Monoparentale |
|
|
|
|
|
|
1,061 |
0,054 |
0,245 |
1,053 |
0,053 |
0,309 |
Titolo godimento abitaz. |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Proprietàa |
|
|
|
|
|
|
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
Affitto |
|
|
|
|
|
|
0,791 |
0,023 |
0,000 |
0,787 |
0,023 |
0,000 |
Altro |
|
|
|
|
|
|
0,967 |
0,041 |
0,427 |
0,958 |
0,040 |
0,314 |
Prossimità dei genitori |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Noa |
|
|
|
|
|
|
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
-- |
Sì |
|
|
|
|
|
|
1,058 |
0,029 |
0,042 |
1,053 |
0,029 |
0,066 |
Presenza figli piccoli |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Noa |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
-- |
-- |
-- |
Sì |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
0,893 |
0,033 |
0,002 |
Costante |
|
0,932 |
|
|
0,763 |
|
|
0,765 |
|
|
0,840 |
|
Log likelihood |
-24.517 |
-24.443 |
-24.401 |
-24.396 |
||||||||
N |
35.638 |
35.638 |
35.638 |
35.638 |