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CIDADES, Comunidades e Territórios

versão On-line ISSN 2182-3030

CIDADES  no.26 Lisboa jun. 2013

https://doi.org/10.7749/citiescommunitiesterritories.jun2013.026.art02 

ARTIGO ORIGINAL

 

Vicini (ma non troppo). Uno studio esplorativo sul tema del vicinato in Italia*

Amarás o teu próximo (mas não demasiado). Um estudo exploratório sobre o tema da vizinhança em Itália

Love thy neighbours (but not too much). An Exploratory Study on Neighbouring in Italy

 

Lidia ManzoI

[I]FCSH – Faculty of Sociology - University of Trento, Italy. e-mail: lidia.manzo@soc.unitn.it

 



RESUMO

L’obiettivo di questo lavoro è studiare il tema del vicinato in Italia; in particolare sisono indagati due aspetti: a livelloindividuale, il grado di percezione dell’importanza delle relazioni divicinato, mentre a livello familiare, la reciprocità nello scambio di aiuti travicini di casa. Nella prima parte del lavoro viene discussa la letteratura sultema, descrivendo una serie di fattori che possono influenzare forma econtenuto del rapporto di vicinato, citando alcuni risultati di ricerca. Nellaseconda parte viene realizzata un’analisi dei dati tratti dall’IndagineMultiscopo Istat condottanell’anno 2003. Relativamente al livello di percezione del vicinato, irisultati mostrano che, a parità di caratteristiche socio-demografiche e delluogo di residenza, esiste un effetto esercitato dalla dimensione urbana e dallivello di istruzione: ovvero che al crescere della dimensione urbana decrescela probabilità di avere una percezione positiva del vicinato e cheall’aumentare del livello di istruzione aumentano le probabilità di avere unapercezione positiva del vicinato e che questo effetto del livello di istruzioneè più accentuato nelle metropoli rispetto alle altre aree urbane. Infine, loscambio di aiuti tra i vicini sembrerebbe rappresentare una realtà relazionalenon solo poco impegnativa, ma anche poco frequente.

Parole chiave: Vicini di Casa, Relazioni di Vicinato, Supporto Informale tra Vicini, Solidarietà nella Famiglia, Prossimità Abitativa ai Familiari, Italia.


ABSTRACT

This paper is an exploratory analysis on the role of neighbours and informal neighbour support in Italy. To be more precise, we have investigated two aspects: at the individual level, we studied the perception of neighbours, while at the family level, we were interested in understanding what kind of supportive relationships can be established between neighbours. In the first part, we develop our theoretical framework, describing a number of factors that can influence the form and content of the neighbourly relationship, citing some results. In the second part, we use data from the Indagine Multiscopo Istat conducted in the year 2003. Regarding the level of neighbours perception, results from binomial logistic regression models indicate that, within the same socio-demographic characteristics and place of residence, there is an effect exerted by urban dimension and level of education. Urban dimension appears to have a negative effect on positive neighbours perception. However, we also found that the higher the level of education, the more likely to have a positive perception of neighbours, and this effect is higher in metropolitan areas compared to other urban areas. Interestingly, supportive relationships among Italian families who experience housing proximity, represent not only an undemanding attitude, but also an infrequent one.


Keywords: Neighbours; Informal Neighbour Support; Family Solidarity; Residential Proximity to Kin; Italy.


 

Introduzione

Il vicinato assolve molteplici funzioni, quali l’aiuto reciproco nella vita quotidiana, la possibilità di integrare i contatti e le relazioni familiari, l’assimilazione dei nuovi arrivati e forme di controllo sociale. Le persone stabiliscono relazioni se fanno affari insieme, lavorano insieme, vanno in chiesa, giocano insieme o anche in altri modi, e queste relazioni possono essere o meno altamente specializzate e altamente organizzate. Ma le persone stabiliscono relazioni anche quando “vivono insieme nello stesso luogo, quando conducono la propria vita domestica nella stessa località. Le interdipendenze che stabiliscono tra loro come persone che hanno una vita domestica, un luogo in cui dormono, mangiano e crescono la propria famiglia, sono interdipendenze specificamente comunitarie” (Elias e Scotson, trad. it. 2004: 231). Come spiegano Sassatelli et al. (2008), la realtà abitativa diventa, dunque, il luogo del domestico, dove si ricostruisce incessantemente un senso di appartenenza familiare e dove si mettono in pratica specifici set di relazioni, come quelle con il vicinato e la città, quelle amicali, parentali o intime (Bachelard, 1957; Woodward, 2003; Giorgi, Padiglione e Pontecorvo, 2007). L’abitazione risponde a una pluralità di bisogni, infatti.
“Soddisfa esigenze di riparo, costituisce la struttura all’interno della quale avviene la riproduzione domestica ed è il luogo dove si svolgono le attività familiari di cura. È lo spazio della socialità più intima ed è risorsa che soddisfa un’ampia gamma di bisogni di tipo sociale, economico e simbolico alla base del benessere degli individui[2]” (Poggio, 2005: 281-282).
L’abitazione, come sostiene Cordini (2012), oltre a garantire la vita intima e privata del nucleo abitativo, è anche un mezzo fondamentale nelle pratiche di socialità, indispensabile per la nascita delle relazioni con lo spazio esterno e per dare vita alle interazioni, come quelle di vicinato ad esempio. Il vicino diventa, quindi, anch’esso di fondamentale importanza. Tuttavia, questa figura esprime ad un tempo prossimità e lontananza: è vicino per la prossimità spaziale, ma è anche lontano in virtù di quella instabilità che Mutti (1992) definisce “in qualche misura comune a tutte le relazioni di vicinato”. Vicinanza e distanza si riflettono nelle tre caratteristiche dal cui precario equilibrio dipende la qualità dei rapporti di vicinato: il comportamento amichevole, la disponibilità all’aiuto e la tutela della privacy. Un simile e precario equilibrio rischia d’incrinarsi “in ragione del differente significato che vicinanza e lontananza assumono, alla luce delle diverse consuetudini e delle diverse forme di organizzazione della vita quotidiana.” (Agustoni, 2003: 129)
È evidente che l’oggetto delle relazioni di vicinato non si limita esclusivamente alle buone maniere e a comportamenti rituali di rispetto o, nel peggiore dei casi, di conflitto; piuttosto, appare interessante approfondire il ragionamento sulla disponibilità all’aiuto. Infatti, fra i vicini di casa vi può essere un certo scambio di beni e servizi, ad esempio il prestito di piccole quantità di provviste e di utensili domestici, l’assistenza dei bambini o la sorveglianza della casa, in una sorta di reciprocità generalizzata. I contenuti e l’estensione di questa reciprocità possono variare. Se il tempo che si dedica ai rapporti con i vicini dipende dal proprio repertorio di ruoli, la necessità dello scambio si configura diversamente. Se i parenti e gli amici sono facilmente accessibili, si può non avere bisogno dei servizi occasionali dei vicini più prossimi (Hannerz, 1980). Allo stesso tempo, Di Nicola, Stanzani e Tronca (2008) - nella loro ricerca sulle reti di prossimità[3]- affermano l’esistenza di profondi e radicali mutamenti che hanno investito le relazioni comunitarie nella società contemporanea. Gli autori arrivano a concludere che tramontata l’unità di sangue, luogo e spirito, rimangono relazioni ampiamente elettive, giocate sull’affinità e sulla omofilia e, pertanto “più orientate al “riconoscimento” che non agli aiuti strumentali, più alla conferma dell’identità che non allo scambio di beni e di servizi tangibili, anche se nella struttura possono circolare beni di tale natura. È una struttura relazionale che, in quanto de-contestualizzata, si regge su strategie di “prossimità” figlie di una politica della vita quotidiana che è distintiva di gruppi sociali e di soggetti e non di un territorio, di un ambito, di un contesto sociale” (Ibid.: 40).
Questo lavoro nasce proprio dall’intenzione di voler esplorare più approfonditamente il rapporto di vicinato, al fine di far maggior chiarezza rispetto a diffuse convinzioni e conoscenze di senso comune secondo cui - come verrà meglio approfondito nella discussione della letteratura - il processo di urbanizzazione tenderebbe a ridurre drasticamente sia l’intensità che la frequenza delle relazioni tra i vicini. Una reciprocità, quella di vicinato appunto, che può sviluppare legami di supporto informale e solidarietà, ma anche sentimenti contrastanti, come possiamo comprendere dalle parole estratte da questa intervista che ben rappresentano l’ambito che andremo ad analizzare.
«Io abitavo, appunto, in un condominio… per me era naturale andare a suonare ad una porta per chiedere se avevano la polvere per fare una torta, no? Tant’è che una volta la signora sul pianerottolo mi disse: “Senti te sa che ora che l’è?” “Oddio – digo, No!” “Va che l’è mezzanotte”. Però c’era quel… ecco io da quanto sono venuta qui, che sono qui in questa casa (…) ma, insomma, ho tentato ma è stato un viaggio senza riscontro, cioè io sono andata ancora magari a chiedere, ma anche per allacciare un rapporto: “Senta per caso mi mancherebbe un panino… se le avanza un panino oggi, glielo rendo domani” non ti viene di farlo proprio perché ti accorgi che si… si stupiscono, no? Cioè si, insomma, non… io l’ho fatto qualche volta così anche perché c’era delle persone anziane e sole con cui avevo iniziato e avevo avuto anche un bel rapporto ma adesso qui vicino c’è una famiglia di albanesi, una famiglia dove c’è giro grosso di presenze e così loro… una bella famiglia per fare tanto rumore per cui non tutti sono contenti. Dove c’è una vita di relazione proprio molto ampia, ecco qui oso suonare, ma in altri posti mi faccio un po’ di riguardo perché mi accorgo che pur nella gentilezza c’è questa formalità che ti dice: “Stai a casa tua però che io mi arrangio” questa è la sensazione»[4].



1. Chi è il vicino, e come si definisce il vicinato?

1.1 Concetti e rassegna della letteratura

In alcuni casi la risposta a entrambe queste domande può essere univoca. Gli organismi di governo che organizzano il territorio in strutture amministrative locali, in certi casi, inducono gli abitanti a svolgere attività comuni in uno stesso ambito spaziale. In altri casi sono associazioni come i “comitati di quartiere” a regolare alcune relazioni di vicinato. Ma in termini più generali è possibile definire vicini coloro che risiedono in prossimità gli uni degli altri.
Come spiega Hannerz (1980), “i vicini acquisiscono di norma consapevolezza della loro presenza reciproca e ricorrente nello spazio pubblico circostante e conseguentemente dei rapporti particolari che intrattengono con esso. È anche probabile che manifestino questa consapevolezza attraverso segni di riconoscimento che si scambiano quando si incontrano. Ciò rende la loro relazione diversa da quella che si intrattiene con un estraneo” (trad. It. 1992: 433).
La prossimità abitativa può essere vissuta soggettivamente nei modi più diversi perché riflette delle relazioni sociali, attuali o potenziali. Ne deriva, di conseguenza una certa variabilità nella definizione che gli attori danno di vicino: chi vive nella porta accanto, coloro che si trovano nello stesso caseggiato o nel gruppo di case attigue o addirittura nello stesso quartiere. Accettando questa difficoltà definitoria, si è deciso di riprendere i risultati della ricerca effettuata da Mutti [5] (1992) da cui è possibile affermare che i fattori architettonici e logistici assumono un peso molto più rilevante delle variabili personali (grado di percepita sicurezza dell’area, impegno/disimpegno sociale/politico) e socio-demografiche di base. Come è possibile osservare nelle tabelle 1 e 2, più della metà degli intervistati, il 54,8%, ritiene che i vicini di casa siano coloro che abitano nello stesso edificio, mentre il 28,5% li colloca addirittura entro i limiti spaziali dello stesso piano, 17,0%, o della porta accanto, 11,5%. Dunque, l’83,3% del campione ha una concezione di prossimità abitativa del vicino entro le coordinate dello stesso edificio e, complessivamente, solo il 14,8% li colloca in un contesto esterno allo stesso.

 

Tabella 1. Definizione di vicini


Coloro che vivono nella porta accanto o di fronte

11,5

Coloro che vivono nello stesso piano

17,0

Coloro che abitano nello stesso edificio

54,8

Coloro che abitano nello stesso gruppo di 4 o 5 edifici

3,5

Coloro che abitano nella stessa via

4,5

Coloro che abitano nello stesso quartiere

6,8

Non risponde

1,9

Totale

100

(N)

(400)

Fonte: Mutti (1992: 28).

 

Tabella. 2. Definizione di vicini secondo alcune caratteristiche dell’intervistato


Anni di scuola freq.
Classe sociale
Sicurezza percepita

Oltre 13

Fino a 13

Borghesia
Media e Operaia

Molto

Abbastanza

Poco

Coloro che sono collocati entro lo stesso edificio

77,9

89,0

79,5

87,3

67,5

86,4

90,1

Coloro che sono collocati esternamente allo stesso edificio

22,1

11,0

20,5

12,7

32,5

13,6

9,9

Totale

100

100

100

100

100

100

100

(N)

(137)

(255)

(112)

(276)

(40)

(265)

(81)

Fonte: Mutti (1992: 31).

 

Confrontando poi la definizione di vicini “collocati nello stesso edificio” rispetto ad alcune caratteristiche dell’intervistato, sia socio-demografiche che legate a variabili personali (il grado di sicurezza percepita) l’andamento viene confermato. Come possiamo vedere in tabella 2, tra il 70 e il 90% dei rispondenti si dichiara d’accordo con questa definizione nonostante un diverso livello di scolarizzazione, la classe sociale o la sicurezza percepita (alti livelli di scolarizzazione e l’appartenere alla borghesia producono un lieve, ma significativo, ampliamento del raggio di estensione del vicinato, così come la sensazione di sicurezza indotta dall’abitare in un’area ritenuta socialmente tranquilla).
La letteratura ha individuato una serie di fattori che influenzano forma e contenuto del rapporto di vicinato. Queste dimensioni sono senz’altro connesse a elementi spazio-temporali, oltre che a specifiche caratteristiche personali dei soggetti e a variabili socio-strutturali di base.
Elementi spazio-temporali, come la prossimità abitativa, presente nel concetto stesso di vicino e in funzione della struttura architettonica degli stabili, possono favorire o scoraggiare le interazioni faccia a faccia. L’anzianità di residenza, e quindi l’essere più o meno radicati o da poco arrivati in un quartiere può essere un fattore di rilievo. Il fatto che la durata della residenza possa essere un fattore di stratificazione delle famiglie e dei gruppi è piuttosto noto. Lo studio tra “vecchie” e “nuove” famiglie a Winston Parva effettuato da Elias e Scotson (1965) può rappresentare qualche passo in avanti verso la soluzione del problema del perché la “lunghezza della residenza” e “l’anzianità della famiglia” possano incidere profondamente sulle relazioni tra le persone.
All’aumentare del grado di urbanizzazione (e quindi della densità sociale, della mobilità territoriale e dello sviluppo dei mezzi di comunicazione) può diminuire l’importanza data all’interazione coi vicini, poiché, la popolazione urbana è più selettiva nei confronti di parenti, vicini ed amici. Secondo Fisher (1982) esiste uno “specifico” urbano che produce l’effetto di accrescere le sue possibilità di scelta razionale; rispetto ai residenti rurali, gli abitanti di aree altamente urbanizzate hanno un mondo relazionale più esteso, diversificato e dai contenuti più specializzati. A sua volta Bulmer (1986) ha proposto una distinzione tra modelli di vicinato tradizionale, caratterizzati da solidarietà, reciprocità e fiducia, e quelli moderni, che non costringono i vicini entro relazioni reciproche molto vincolanti e quindi lo definiscono in termini di mobilità, scelta, organizzazione e politica. “Se la mobilità e la scelta sono due lineamenti distintivi degli effetti sociali dell’industrializzazione, l’organizzazione formale e una sfera di vita pubblica e politica allargata ne rappresentano altri due” (1986: 92-95). Questo ragionamento ci riporta alle teorie di Ferdinand Tönnies sulla comunità. L’autore, come si può comprendere nel libro Gemeinschaft und Gesellschaft (Comunità e Società), vide nel passaggio dalle società tradizionali (rurali) alle società industriali (moderne) il motivo della scomparsa di quelle caratteristiche del simbolismo della comunità nel XIX secolo caratterizzate da un elevato livello di conoscenza personale, intimità, coesione sociale, impegno morale e continuità nel tempo. Tönnies, costruisce per molti aspetti un’immagine idealizzata della comunità tradizionale, basata su rapporti di sangue e vincoli di solidarietà connessi con la stabile presenza sul territorio, in antitesi con la moderna società urbana.
Anche l’ammontare di tempo trascorso quotidianamente in casa è un fattore che influenza non solo le opportunità relazionali con il vicinato, ma anche la possibilità di scambiare aiuti; tale condizione è influenzata da alcune peculiari situazioni occupazionali, come quelle di casalinghe e pensionati, o da problemi relativi a una ridotta autonomia fisica e motoria.
Alcune caratteristiche socio-demografiche sono, poi, da tenere in considerazione. Riguardo l’età e lo stadio del ciclo di vita, gli adulti con bambini sono ampiamente riconosciuti come i soggetti più attivi nelle relazioni di vicinato e, quindi, in modo particolare ci si può riferire alle madri e alla presenza di bambini in famiglia. Anche gli anziani, soprattutto là dove sono presenti delle difficoltà motorie, hanno una tendenza a incentivare questi rapporti (Fischer 1982). Relativamente alla classe sociale, si può effettuare una riflessione sul diverso grado di socievolezza della classe operaia rispetto a quella media/alta. Secondo Allan (1979) le motivazioni di tale differenza sarebbero da ricercarsi negli specifici contesti sociali che contestualizzano la classe operaia (ambienti segregati, relazioni che si svolgono principalmente nel raggio casa-lavoro) piuttosto che quella media e alta (maggior possibilità di risorse e di scelta). Di selettività e individualizzazione delle classi medio-alte parla anche Keller (1968) che caratterizza, invece, come estese e solidaristiche le relazioni di vicinato nelle aree di classe operaia. Anche i livelli di reddito e istruzione, che influiscono sulle caratteristiche dei network personali, possono essere presi in considerazione. Fischer (1982) mette in evidenza che le maggiori possibilità di selezione e scelta nelle opportunità di relazione sono influenzate da precise variabili strutturali: istruzione, occupazione, reddito, ciclo di vita, genere ecc. Fra questi, sarebbe il livello di istruzione il fattore con il più forte effetto sul network personale, a parità di altre condizioni, più alto è il livello di istruzione, più socialmente attive sono le persone, più largo è il loro network, più amici esso conta, più intime le loro relazioni e più vasto è il raggio geografico dei loro legami. In generale, l’istruzione in se stessa significa “più vasti, profondi e ricchi networks” (Fischer, 1982: 260). Dopo il livello di istruzione, è il reddito della famiglia la variabile che influisce più significativamente sul tipo di rete. Salendo nella scala sociale gli individui possono contare su un migliore e più consistente sostegn o pratico rispetto ai più poveri: aumentando l’ampiezza e le risorse del network si intensificano le strategie selettive (Piselli, 2001).
Inoltre, la prossimità familiare, può entrare in gioco in queste considerazioni se viene intesa come alternativa ai rapporti di vicinato. La possibilità di interazione quotidiana con soggetti appartenenti alla sfera familiare, parentale o amicale, compete con i rapporti di vicinato, sia in termini di scambi di informazioni e socievolezza, che in termini di aiuto.
Infine, relativamente a quegli aspetti dell’assistenza legati alla cura di minori, anziani o soggetti non autosufficienti, diverse ricerche dimostrano che la rete parentale svolge un ruolo di primaria importanza rispetto alle altre reti informali, e ciò vale sia che ci si trovi in un ambito rurale che urbano (Fischer, 1982; Allan, 1985; Balbo, 1987; Bulmer, 1987). Si può, quindi, in linea di massima affermare che, dopo la rete parentale, gli altri attori di rilievo siano amici e vicini di casa (Litwak, Szelenyi, 1969; Bulmer 1987). Nonostante la produzione empirica sulla famiglia estesa “modificata”, come la definisce Litwak (1960), si conosce ancora poco sull’entità degli scambi di aiuti che avvengono in questi ambiti, nonché sulla percezione dell’importanza del ruolo svolto dai vicini di casa. A questo scopo, si ritiene di poter contribuire, almeno in una fase esplorativa, a colmare quella sostanziale carenza empirica.


1.2 Interrogativi e ipotesi di ricerca

Questo lavoro nasce, dunque, dall’approfondimento alcune delle questioni precedentemente sollevate; in particolare si desidera indagare due aspetti: a livello individuale, il grado di percezione dell’importanza delle relazioni di vicinato, mentre a livello familiare, la reciprocità nello scambio di aiuti tra vicini di casa. Pertanto, anche l’analisi seguirà questo doppio binario, così costituito fin dalle domande di ricerca [6].


1.2.1 La percezione del vicinato

Relativamente a quanto emerso dalla letteratura, si vuole porre l’attenzione sulle mutate condizioni delle società complesse, dei contemporanei processi di urbanizzazione che sembrerebbero definire modelli di vicinato più fluidi e meno vincolanti. A questo proposito, in primis, si vuole comprendere


RQ1 - Che tipo di percezione si ha del vicino, positiva o negativa?
Mettendo, poi, in successiva analisi, le caratteristiche socio-demografiche dei soggetti per comprendere se le ipotesi teoriche associate al livello di istruzione, al genere o all’età, ad esempio, abbiano un effetto, e quindi ci si domanda se


RQ1.1 - Tale percezione è associata alle variabili socio-demografiche di base?
Le conoscenze di senso comune ci dicono che nei contesti ad alta densità urbana le relazioni di vicinato si siano notevolmente allentate. Dall’analisi della letteratura emerge, infatti, che all’aumentare delle dimensioni della comunità diminuiscano i rapporti con i vicini (Keller, 1968; Tsai, Sigelman, 1982; Fischer, 1982, Wilmott ,1986, 1987; Bulmer, 1987). Quindi, approfondendo la questione, si cercherà di rispondere ad un ulteriore domanda:


RQ1.2 - L’effetto del titolo di studio sulla percezione del vicinato è il medesimo nei diversi contesti urbani?

1.2.2. Lo scambio di aiuti delle famiglie con i vicini di casa

La seconda parte di questo studio si è posto un obiettivo esplorativo, teso a verificare se esistano, e in che forma, riserve di solidarietà sociale e di altruismo tra i vicini di casa, ovvero, indagando per passi successivi se:

RQ2 - Vengono scambiati aiuti fra i vicini di casa?
e poi, nel caso affermativo,

RQ2.1 - Quali tipi di aiuti si scambiano i vicini?

Dalle considerazioni che seguiranno, dunque, ci si ripropone di valutare quanto siano fondate le evidenze empiriche a disposizione dalla letteratura, controllando, nel caso italiano, le seguenti ipotesi di ricerca:
Ipotesi 1: le variabili socio-demografiche di base sono in relazione con la percezione del vicinato; si ipotizza soprattutto che:
Ipotesi 1.1 - esista un effetto della dimensione urbana, ovvero che al crescere della dimensione urbana decresca la probabilità di avere una percezione positiva del vicinato, per verificare se lo sviluppo urbano (in termini di densità sociale, mobilità territoriale e dei mezzi di comunicazione) possa contribuire alla diminuzione dell’importanza data alla relazione di vicinato.
Ipotesi 1.2 - a) all’aumentare del livello di istruzione aumentino le probabilità di avere una percezione positiva del vicinato, inoltre b) che questo effetto del livello di istruzione sia più accentuato nelle metropoli rispetto ad aree urbane più piccole, sulla base delle ipotesi teoriche che indicano l’istruzione come fattore d’influenza nei network personali. Si vuole verificare se all’aumentare del livello educativo e dell’ampiezza delle risorse dei network si intensificano quelle strategie selettive che aumenterebbero la propensione ad avere una percezione positiva dei vicinato.
Ipotesi 1.3 - le donne abbiano maggiori probabilità di avere una percezione positiva del vicinato rispetto agli uomini, perché dedite ad attività legate alla sfera domestica e quindi avere maggiori occasioni di relazione con il vicinato.
Ipotesi 1.4 - i pensionati e gli inattivi abbiano una più alta probabilità di avere una percezione positiva del vicinato, per le stesse ragioni sopra esposte, ovvero una maggior presenza fra le mura domestiche.

Ipotesi 2: la tipologia familiare sia in relazione con la percezione del vicinato, in particolare si ipotizza che:
Ipotesi 2.1 - le coppie con figli abbiano maggiori probabilità di avere una percezione positiva del vicinato rispetto alle altre tipologie familiari;
Ipotesi 2.2 - la presenza di figli piccoli (meno di 14 anni) all’interno del nucleo familiare possa influire sulla percezione positiva del vicinato;
Ipotesi 2.3 - sulla base di quest’ultima ipotesi si ritiene, però, che un nucleo possa rivolgersi ai parenti più stretti, qualora abbia bisogno di piccoli aiuti per la gestione familiare. Pertanto, si ipotizza che il grado di prossimità spaziale dei genitori (la famiglia di origine) influisca sulla percezione del vicinato, nello specifico che all’aumentare della vicinanza dei genitori diminuisca la probabilità di avere una percezione positiva del vicinato. La prossimità dei familiari all’abitazione può, infatti, rappresentare una valida risorsa che entra in competizione con la reciprocità di aiuti di vicinato (e quindi anche di relazione); al contrario, la presenza di figli – piccoli in particolar modo – può costituire una dimensione che facilita tali rapporti fra vicini di casa.

Infine, indagando fra le due dimensioni dell’aiuto reciproco di vicinato [aiuti dati alla famiglia (si/no) e aiuti ricevuti dalla famiglia (si/no)], seguendo le ipotesi teoriche sopra riportate, si è interessati a effettuare una esplorazione al fine verificare empiricamente questa tipologia, ovvero:
Integrate: famiglie che danno e ricevono aiuti [si;si];
Isolate: famiglie che non danno e non ricevono aiuti [no;no];
Generose: famiglie che danno aiuti, ma non ne ricevono [si;no];
Opportuniste: famiglie che non danno aiuti, ma ne ricevono [no;si];
Tale tipologia può essere rappresentata attraverso il modello grafico di un quadrato, in cui le relazioni tra i quattro vertici si definiscono in termini di contraddizione-contrarietà e affermazione-negazione (in figura 1).

 

 


1.3 Dati, metodi, variabili


I dati utilizzati provengono dall’indagine Multiscopo ISTAT condotta nell’anno 2003. In particolare, l'indagine che si è utilizzata, «Famiglia e soggetti sociali», è di tipo cross-sectional e fa parte del ciclo di rilevazioni tematiche sulle famiglie, condotta ogni cinque anni a partire dal 1998. Le differenti tematiche che si susseguono nei questionari permettono di approfondire vari punti del vivere quotidiano: il ciclo di vita individuale e familiare, i rapporti interni alla famiglia, le reti di relazione con parenti, amici e vicinato e molto altro ancora. A questo scopo è stato possibile lavorare sia su domande rivolte agli individui che alle famiglie, con un dettaglio territoriale fissato a livello della dimensione urbana.
Tuttavia, nonostante la Multiscopo costituisca la principale fonte statistica sulla struttura familiare e sulle caratteristiche sociali della famiglia in Italia, non rappresenta propriamente la base dati ideale per le dimensioni che ci si è prefigurati di indagare. Come andremo a chiarire meglio nelle conclusioni, occorre premettere che ad oggi in Italia mancano dati longitudinali esaurienti sulle carriere abitative e sull’intrecciarsi di questi percorsi con quelli della vita professionale e familiare (Poggio, 2009).

 

1.3.1 Le variabili dipendenti

(RQ1) - La percezione dei soggetti sul vicinato è stata analizzata partendo dalla domanda dell’indagine Multiscopo che chiede ai soggetti se ci siano persone sui cui contare tra i vicini di casa. Tale variabile è stata dicotomizzata in sole due categorie: “No” e “Sì” (che viene a comprendere tutte e due le seguenti risposte positive: “Sì, una persona o una famiglia” e “Sì, alcune persone o famiglie”).
(RQ2) - Lo scambio di aiuti tra la famiglia e i vicini di casa: le svariate categorie di aiuto, sono state ricodificate in 4 categorie (le stesse sia per gli aiuti dati che per quelli ricevuti): Economico, Prestazioni sanitarie, Accudimento e Compagnia [accudimento/assistenza di adulti e di bambini, aiuto in attività domestiche, compagnia, accompagnamento, ospitalità], Aiuti e Prestiti di routine [pratiche burocratiche, piccola manutenzione della casa, aiuto nello studio, prestiti di generi alimentari, di vestiario, ecc]. Effettuata la ricodifica degli aiuti dati e ricevuti, si è provveduto a ricavare una nuova variabile che identificasse esclusivamente quelli ai/dai vicini di casa, incrociando i dati sul tipo di aiuto prevalente (dato e ricevuto) con quelli relativi al destinatario o al mittente dell’aiuto.

 

1.3.2 Le variabili indipendenti

Il genere, come variabile socio-demografica fondamentale, è presente nelle due categorie maschio-femmina.
L’età è misurata in sei categorie: 14-24 anni: 25-34 anni; 35-44 anni; 45-54 anni; 55-64 anni e oltre i 65 anni.
L’istruzione è misurata in quattro livelli, in base al titolo più elevato ottenuto. Sono quindi state ricodificate, rispetto alla variabile originale, questi livelli: fino alle elementari[analfabeti, analfabeti privi di titolo di studio, licenza elementare], licenza media[licenza media], diploma[diploma scolastico di qualifica, diploma di maturità e diploma terziario di tipo non universitario] e laurea [diploma universitario e diploma di laurea].
L’area geografica di residenza è ripartita in cinque categorie a seconda delle classiche ripartizioni geografiche dell’Italia a cura di Istat: Nord-Ovest [Piemonte, V. Aosta, Liguria, Lombardia], Nord-Est [Trentino-A.Adige, Veneto, Friuli, Emilia R.], Centro [Toscana, Umbria, Marche, Lazio], Sud [Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria] e Isole [Sicilia, Sardegna].
La dimensione urbana è stata ricodificata in cinque categorie a seconda della dimensione: Piccoli Comuni [fino a 2.000 abitanti], Comuni [da 2001 a 10.000 abitanti], Città [da 10.001 a 50.000 abitanti], Grandi città [oltre 50.000 abitanti] e Metropoli [area metropolitana].
La condizione occupazionale è stata misurata attraverso la condizione professionale dei capi-famiglia. Pertanto si è proceduto a creare quattro categorie che identificano gli occupati, i disoccupati [in cerca di prima o nuova occupazione], gli inattivi [studenti, casalinghe e inabili] e i pensionati.
La tipologia familiare viene rilevata in quattro categorie che considerano la composizione del nucleo familiare nell’alloggio di riferimento: single [unipersonali], coppia senza figli, coppia con figli, monoparentale [un solo genitore].
Il titolo di godimento dell’abitazione principale è stato ricodificato in tre categorie: Proprietà, Affitto e Altro [usufrutto, titolo gratuito, altro titolo].
La prossimità dei genitori all’abitazione di residenza è stata dicotomizzata in due sole categorie : No [nessuno dei due genitori abita entro i 16 km] e Sì [almeno uno dei genitori abita entro i 16 km].
La presenza di figli piccoli nella famiglia è stata dicotomizzata in due sole categorie: No [non ci sono figli minori di 14 anni] e Sì [almeno un figlio minore di 14 anni].
Come già detto, ci si è posti l’obiettivo di indagare la percezione sui vicini di casa, guardando ai soggetti, e gli aiuti dati/ricevuti ai/dai vicini di casa, considerando le famiglie. La lista delle domande della Multiscopo relative agli aspetti sopra indicati (e le relative variabili associate) è riportata in appendice.
Riguardo alle tecniche, oltre ad alcune analisi bivariate esplorative, questo studio utilizza la regressione logistica binomiale per esprimere la distribuzione della variabile dipendente categoriale dicotomica (relativa alla percezione positiva o negativa dei vicini) come funzione delle variabili indipendenti sopra descritte[7]. Le elaborazioni sono state effettuate con il software statistico Stata.
Infine, si è deciso di non operare su sottocampioni, ma di mantenere la totalità dei casi e di controllare poi in fase di analisi per le diverse variabili socio-demografiche di base.

 

2. La Percezione Del Vicinato

 

2.1 «Posso contare sul vicino di casa?»

La percezione del vicinato è stata rilevata attraverso un confronto diretto di tipo dicotomico: Vicini importanti vs non importanti. Come si può vedere dalla distribuzione presentata in tabella 3, l’ago della bilancia pende di pochissimo verso la percezione negativa, 50,4%, contro il 49,6% dei rispondenti che, al contrario, ne hanno una percezione positiva
[8].

 

Tabella. 3. Percezione dei vicini di casa: «posso contare sul vicino» vs. «non posso contare sul vicino» (%).


Ci sono persone che abitano vicino sulle quali può contare?


No

50,4


49,6



Totale

100

(N)

(43.032)

Fonte: Elaborazione personale su dati Multiscopo Istat 2003.

 

Si ritiene di proseguire analizzando l’aspetto della percezione in relazione ad alcune variabili socio-demografiche; preliminarmente, si è deciso di eliminare tutti i casi con una o più informazioni mancanti sulle variabili oggetto di analisi. L’analisi bivariata, proposta anche in appendice alla tabella A-1, mostra differenze in punti percentuali di rilievo solo tra alcune categorie. E’ di interesse per le nostre ipotesi iniziali che all’aumentare del livello di istruzione aumenti la percezione positiva del vicinato, con uno scarto complessivo di circa sei punti percentuali tra chi ha la licenza elementare/media, 48,7/47,9%, e chi è laureato, 54,5%. Ancor più rilevante è, invece, la situazione in riferimento alla dimensione urbana di residenza: hanno una percezione maggiormente positiva coloro che vivono in piccoli comuni, 56,4% piuttosto che in grandi città, 44,7%, e in metropoli, 46,9%. La percentuale di proprietari che ha una percezione positiva del vicinato è del 51,4%, che si allontana di sei punti percentuali da coloro che abitano in affitto, 43,5%. Si nota, che, con una massima differenza di cinque punti percentuali, la quota più elevata di percezione positiva rispetto ai vicini di casa si trova fra gli adulti di età compresa fra i 35 e i 64 anni, tra il 50,7% e il 51, 9%, quota che scende tra il 46-47% fra i più giovani e il 49% fra gli over 65. Non risultano differenze significative rispetto al sesso o alla tipologia familiare. Risalta, però, la bassissima quota di percezione positiva nella categoria dei disoccupati, 41,3%, contro il 58,9% degli occupati, o il 51,9% dei pensionati. Si attestano con una differenza di tre punti percentuali gli indicatori di prossimità spaziale dei genitori e di presenza di figli piccoli nella famiglia. L’analisi bivariata si è rivelata utile in fase esplorativa per capire se e in quale misura la percentuale di coloro che ha una percezione positiva del vicinato variasse in funzione delle principali caratteristiche socio demografiche di base. A questo punto siamo interessati a stimare l’effetto netto esercitato da ciascuna variabile socio demografica, controllando per l’effetto esercitato dalle altre variabili “antecedenti e rilevanti”, secondo la logica descritta da Corbetta, Gasperoni e Pisati (2001: 184-85).
Come presentato in tabella 4, il modello prescelto mostra come esista nel complesso un’associazione tra la dimensione urbana, il titolo di studio ed il titolo di godimento dell’abitazione, per le seguenti evidenze: a. Al crescere della dimensione urbana decresce la probabilità di avere una percezione positiva del vicinato: chi vive in un piccolo comune ha circa una volta e mezzo (1,455; i.c.
[9]: 1,334; 1,586) la propensione ad avere una percezione positiva del vicinato, rispetto a chi abita in una metropoli; b. All’aumentare del livello di istruzione aumentano le probabilità di avere una percezione positiva del vicinato: chi è laureato ha quasi una volta e mezzo (1,451; i.c.: 1,320; 1,595) la propensione ad avere una percezione positiva del vicinato, rispetto a chi ha la licenza elementare; c. Un’ultima evidenza emerge dai valori relativi al titolo di godimento dell’abitazione: chi abita in affitto ha meno probabilità (0,787; i.c.: 0,743; 0,832) di avere una percezione positiva del vicinato di chi abita in una casa di proprietà. Purtroppo, non è possibile valutare se questo effetto non sia semplicemente dovuto al fatto che le persone che possiedono una abitazione risiedono nel luogo i cui abitano da più tempo rispetto agli affittuari.

 

Tabella.4. Modello di regressione logistica binomiale per l’analisi della percezione del vicinato.



Modello 1

Modello 2

Modello 3

Modello 4

OR

SE

P

OR

SE

P

OR

SE

P

OR

SE

P

Sesso













Maschioa

--

--

--

--

--

--

--

--

--

--

--

--

Femmina

1,098

0,023

0,000

1,103

0,026

0,000

1,108

0,026

0,000

1,082

0,027

0,001

Età













35-44 annia

--

--

--

--

--

--

--

--

--

--

--

--

14-24 anni

1,098

0,023

0,000

0,883

0,034

0,001

0,886

0,035

0,002

0,921

0,038

0,047

25-34 anni

0,852

0,031

0,000

0,883

0,030

0,000

0,897

0,031

0,001

0,907

0,031

0,005

45-54 anni

0,896

0,030

0,001

1,059

0,036

0,092

1,035

0,036

0,323

1,064

0,038

0,082

55-64 anni

1,041

0,035

0,230

1,109

0,046

0,012

1,073

0,047

0,107

1,113

0,050

0,018

oltre i 65 anni

1,052

0,036

0,139

1,012

0,059

0,842

0,983

0,061

0,785

1,019

0,064

0,761

Ripartizione geografica













Nord-ovesta

--

--

--

--

--

--

--

--

--

--

--

--

Nord-est

1,019

0,034

0,568

1,019

0,034

0,586

1,014

0,034

0,675

1,013

0,034

0,707

Centro

0,993

0,035

0,839

1,004

0,035

0,899

0,993

0,035

0,843

0,992

0,035

0,827

Sud

0,821

0,025

0,000

0,848

0,027

0,000

0,843

0,027

0,000

0,843

0,027

0,000

Isole

0,873

0,035

0,001

0,915

0,037

0,028

0,900

0,037

0,010

0,899

0,037

0,009

Dimensione urbana













Metropolia

--

--

--

--

--

--

--

--

--

--

--

--

Grandi città

0,916

0,033

0,015

0,897

0,033

0,003

0,889

0,032

0,001

0,890

0,032

0,001

Città

1,078

0,035

0,022

1,086

0,036

0,011

1,060

0,035

0,078

1,060

0,035

0,078

Comuni

1,313

0,042

0,000

1,348

0,043

0,000

1,308

0,042

0,000

1,308

0,042

0,000

Piccoli comuni

1,461

0,064

0,000

1,506

0,066

0,000

1,456

0,064

0,000

1,455

0,064

0,000

Titolo di studio













Fino alle elementaria




--

--

--

--

--

--

--

--

--

Licenza media




1,092

0,038

0,012

1,083

0,038

0,022

1,079

0,038

0,030

Diploma




1,285

0,046

0,000

1,252

0,045

0,000

1,247

0,045

0,000

Laurea




1,508

0,072

0,000

1,456

0,070

0,000

1,451

0,070

0,000

Condizione professionale













Occupatia




--

--

--

--

--

--

--

--

--

Disoccupati




0,767

0,037

0,000

0,777

0,037

0,000

0,780

0,037

0,000

Inattivi




0,998

0,031

0,956

0,985

0,030

0,621

0,980

0,030

0,515

Pensionati




1,070

0,047

0,123

1,050

0,046

0,268

1,042

0,046

0,352

Tipologia familiare













Singlea







--

--

--

--

--

--

Coppia con figli







1,116

0,043

0,005

1,100

0,043

0,015

Coppia senza figli







1,075

0,048

0,103

1,077

0,048

0,092

Monoparentale







1,061

0,054

0,245

1,053

0,053

0,309

Titolo godimento abitaz.













Proprietàa







--

--

--

--

--

--

Affitto







0,791

0,023

0,000

0,787

0,023

0,000

Altro







0,967

0,041

0,427

0,958

0,040

0,314

Prossimità dei genitori













Noa







--

--

--

--

--

--








1,058

0,029

0,042

1,053

0,029

0,066


Presenza figli piccoli













Noa










--

--

--











0,893

0,033

0,002

Costante


0,932



0,763



0,765



0,840


Log likelihood

-24.517

-24.443

-24.401

-24.396

N

35.638

35.638

35.638

35.638


Fonte: elaborazione personale su dati Multiscopo Istat 2003.
a Categoria di riferimento.

 

In linea di massima si può dire che siano stati confermati gli effetti esercitati dalla dimensione urbana e dal livello di istruzione; gli effetti ipotizzati dalla presenza di figli piccoli nella famiglia e dalla prossimità del nucleo familiare di origine, invece, pur essendo nella maggior parte dei casi statisticamente significativi, non hanno una intensità tale da renderli rilevanti da un punto di vista sostanziale. A questo punto si è interessati a verificare la seconda ipotesi relativa all’effetto del livello di istruzione, ovvero se il suo effetto sulla propensione ad avere una percezione positiva sul vicinato si acuisce nelle aree urbane metropolitane. Dal punto di vista statistico ciò significa capire se esiste o meno un effetto di interazione tra titolo di studio e dimensione urbana. Al fine di semplificare l’esame di questa interazione si è proceduto in questo modo: la variabile dimensione urbana è stata ricodificata in tre categorie: comuni [piccoli comuni e comuni], città [città e grandi città] e metropoli; la variabile titolo di studio è stata trasformata da categoriale a pseudo-metrica, attribuendo a ciascun livello di istruzione gli anni formali necessari a conseguire il titolo di studio corrispondente[10]; si è quindi proceduto a stimare tre diversi modelli sui tre sotto-campioni della popolazione identificati attraverso il luogo di residenza (comuni, città, metropoli). I risultati dettagliati sono riportati nella tabella A-2 in appendice. Al fine di rendere di più agevole lettura i risultati, figura 2 rappresenta graficamente la stima dell’effetto degli anni di istruzione sulla probabilità di avere una percezione positiva del vicinato nei tre diversi contesti urbani, espressa in odds-ratio[11].

 


 

Le stime puntuali sono corredate dagli intervalli di confidenza al 95%, i quali forniscono una misura dell’incertezza campionaria intorno alle stime[12]. La figura 2 indica che, come ipotizzato, l’associazione tra livello di istruzione e probabilità di avere una percezione positiva del vicinato è maggiore nelle Metropoli rispetto ai Comuni. Non vi sono invece differenze statisticamente significative tra le Città e i Comuni, poiché gli intervalli di confidenza corrispondenti alle stime puntuali sono in larga parte sovrapposti.


3. Lo scambio di aiuti

3.1 Le forme di solidarietà di vicinato

Lo studio dello “scambio sociale” può costituire una tra le tante possibili modalità di lettura dell’interazione sociale. Analizzando la domanda dell’indagine Multiscopo, riservata ai soggetti maggiori di 14 anni, possiamo inizialmente verificare che solo il 22,7% dei rispondenti dichiara di aver prestato un aiuto nelle ultime quattro settimane, come si può vedere in tabella 5.

 

Tabella. 5. Gli aiuti prestati dai soggetti maggiori di 14 anni (%).


Ha prestato aiuti nelle ultime 4 settimane?


No

77,3


22,7

Totale

100

(N)

(49.541)

Fonte: elaborazione personale su dati Multiscopo Istat 2003.

 

Procedendo per passi successivi, si è preliminarmente esplorato quale sia l’aiuto prevalente che i soggetti dichiarano di prestare. Come presentato anche in tabella 6, in ordine decrescente di frequenza, i tipi di aiuto maggiormente prestati sono rivolti all’accudimento di bambini, 17,3%, o adulti, 12,0% e alla compagnia-accompagnamento, 14,6%.

 

Tabella. 6. Aiuto prevalente prestato dagli individui maggiori di 14 anni. (%).


Accudimento, assistenza di bambini

17,3

Compagnia, accompagnamento, ospitalità

14,6

Accudimento, assistenza di adulti

12,0

Aiuto economico

10,5

Aiuto in attività domestiche

10,4

Espletamento di pratiche burocratiche

7,9

Aiuto nell'esecuzione di lavoro extrado

6,1

Prestazioni sanitarie

5,9

Aiuto sotto forma di cibo, vestiario

5,6

Altro tipo di aiuto

5,0

Aiuto nello studio

4,7

Totale

100

(N)

(11.268)

Fonte: elaborazione personale su dati Multiscopo Istat 2003.

 

È possibile classificare in quattro gruppi l’elenco di aiuti presentato in tabella 6:
a. Aiuto Economico;
b. Prestazioni sanitarie;
c. Accudimento e Compagnia (di adulti e bambini, assistenza in attività domestiche);
d. Aiuti e prestiti di routine (prestiti di generi alimentari, scambio di vestiario, aiuti di piccola manutenzione della casa, pratiche burocratico-amministrative, ecc.).
Questa aggregazione produce la tabella 7, da cui possiamo vedere come oltre la metà degli aiuti prevalenti prestati dai soggetti maggiori di 14 anni sia relativa alla sfera dell’accudimento, della compagnia o dei piccoli aiuti nelle attività domestiche, 54,2%. A distanza di oltre venti punti percentuali si situano gli aiuti e i piccoli prestiti di routine, 29,2%, seguono gli aiuti economici con il 10,6% e infine le prestazioni sanitarie con il 6%.

 

Tabella 7. Tipi di aiuto aggregati per aree (%).


Accudimento, compagnia, attività domestiche

54,2

Aiuti e prestiti di routine

29,2

Aiuto Economico

10,6

Prestazioni sanitarie

6,0

Totale

100

(N)

(11.268)


Fonte: elaborazione personale su dati Multiscopo Istat 2003.

 

Se poi, fra coloro che hanno affermato di aver prestato almeno un aiuto, andiamo a indagare a chi è stato dato l’aiuto prevalente, ovvero il più importante, risultano essere gli amici la categoria prevalente, con il 22,7% delle risposte, a seguire la madre, 18,5%, e solo in sesta posizione i vicini di casa, (su 18 possibili risposte) con il 9,1%, come evidenziato dal grafico in figura 3[13].

 


 

Queste prime analisi, seppur descrittive, mostrano come la sfera delle amicizie e della famiglia rappresenti l’ambito in cui vengono maggiormente prestati gli aiuti[14]. Si potrebbe intravvedere in tutto ciò quello che Bourdieu (1980) chiama “usi sociali della parentela” (trad. it. 2005: 248). Altra importante evidenza è una diminuzione del ruolo dei parenti rispetto a quello degli amici, che porta in primo piano il peso di questi legami nello scambio quotidiano di aiuti.
Quindi, interessati a verificare la quota di aiuti prevalenti prestati ai vicini di casa, si propone di analizzare lo schema in figura 4
: rispetto a quel 22,7% dei rispondenti che dichiara di aver dato un aiuto nelle ultime 4 settimane, risulta che la percentuale di coloro che lo prestano ai vicini sia del 9,1%. Occorre sottolineare che i numeri si assottigliano molto perché si tratta di un aiuto prevalente che, per come è posta la domanda, può essere prestato a diverse categorie (familiari, amici, vicini ecc.).


 

 

Fino a questo punto è stato possibile indagare a livello individuale solo la dimensione legata agli aiuti prestati ai vicini di casa, in quanto il dato disponibile dalla Multiscopo sugli aiuti ricevuti è solo a livello familiare. Pertanto, per poter effettuare almeno una comparazione esplorativa dello scambio (aiuti dati vs aiuti ricevuti), si è provveduto a effettuare una sintesi a livello familiare dei dati relativi alle risposte degli individui, seguendo questa logica:
Ø Aiuti Dati ai vicini di casa à Domanda posta a liv. Individuale à Sintesi a liv. Familiare
(si considerano le risposte date dalla “persona di riferimento”)
Ø Aiuti Ricevuti dai vicini di casa à Domanda posta a liv. Familiare
(si assume che al questionario familiare abbia risposto la “persona di riferimento”)

Seguendo le ipotesi iniziali, si è provveduto a ricostruire il dato a livello familiare relativo agli aiuti prestati ai vicini e ricevuti dai vicini e quindi:
Integrate: famiglie che danno e ricevono aiuti [si;si];
Isolate: famiglie che non danno e non ricevono aiuti [no;no];
Generose: famiglie che danno aiuti, ma non ne ricevono [si;no];
Opportuniste: famiglie che non danno aiuti, ma ne ricevono [no;si];

Come si può facilmente osservare dalla numerosità dei rispondenti, lo scambio di aiuti tra i vicini sembrerebbe rappresentare una realtà relazionale non solo poco impegnativa, ma anche poco frequente. La tabella 8 indica che la situazione più frequente è quella in cui non vi è una reciprocità bilanciata fra dare e avere, bensì in cui le famiglie hanno principalmente ricevuto, 3,1%, seguita, in ordine decrescente, da quella in cui le famiglie ritengono di aver principalmente dato, 0,8% e, infine, da coloro che danno e ricevono, 0,3%. La percentuale di famiglie che ritengono di non dare e non ricevere aiuti è superiore a tutte le altre posizioni appena descritta e si attesta intorno al 95,8%.

 

Tabella 8. Esplorazione della tipologia di vicinato; lo scambio di aiuti tra le famiglie e i vicini di casa (%).


Isolate

95,8

Opportuniste

3,1

Generose

0,8

Integrate

0,3

Totale

100

(N)

(19.227)

Fonte: elaborazione personale su dati Multiscopo Istat 2003.

 

Sociologicamente, si voleva rilevare la questione dell’identificazione dei gruppi di riferimento dei vari comportamenti delle famiglie (Integrate, Generose, Opportuniste, Isolate). Infatti, se si desidera guardare nella prospettiva teorica che legge l’interazione tra vicini come una forma di scambio sociale (Blau, 1964) che matura in un contesto strutturale e negoziale costituito da vincoli e risorse, è importante analizzare le posizioni relative al comportamento altruistico, e quindi degli Integrati e dei Generosi. Indipendentemente dalle motivazioni soggettive dei vari attori, esse svolgono una funzione solidaristica e di integrazione sociale estremamente importante per chi osserva empiricamente il tessuto sociale delle comunità di quartiere, in quanto l’altruismo tende e favorire una spirale virtuosa alla socievolezza.
Tuttavia, il risultato di questa elaborazione sembrerebbe poco congruente rispetto al dato della domanda di percezione sul vicinato analizzata inizialmente: se circa il 50% dei rispondenti dichiara di poter contare sull’aiuto dei vicini di casa, come è possibile che (a livello familiare) quasi il 96% non scambi alcuna forma di aiuto con essi?
Al termine di questo studio esplorativo, si ritiene di dover mettere in luce due questioni: innanzitutto che, rispetto agli interrogativi di ricerca prefissati, non è possibile effettuare una stima accurata dello scambio di aiuti tra vicini di casa per come è stata posta la domanda nell’indagine Multiscopo 2003. In secondo luogo, di dover criticare l’approccio che Istat ha tenuto nella costruzione di alcune specifiche domande del questionario 2003; innanzitutto è stata posta a livello individuale la domanda sugli aiuti prestati dai soggetti, mentre è stata posta a livello familiare la domanda sugli aiuti ricevuti dalle famiglie. Inoltre, è stato chiesto solo l’aiuto più importante fra quelli dati o ricevuti nelle ultime quattro settimane. In questo modo, se l’interesse era quello di esplorare la dimensione di reciproco scambio di vicinato (che come abbiamo visto ha un ruolo meno significativo di quella relativa agli aiuti nella famiglia o fra gli amici) attraverso un’unica risposta sull’aiuto prevalente si rischia di perdere proprio questo dato.

 

4. Osservazioni conclusive

L’analisi condotta sulla percezione del vicinato sembra confermare gli effetti esercitati dalla dimensione urbana e dal livello di istruzione: ovvero che al crescere della dimensione urbana decresce la probabilità di avere una percezione positiva del vicinato; che all’aumentare del livello di istruzione aumentano le probabilità di avere una percezione positiva del vicinato e che questo effetto del livello di istruzione è più accentuato nelle metropoli rispetto alle altre aree urbane. Il genere, l’età, la posizione occupazionale e la ripartizione geografica si sono rivelate variabili poco rilevanti; rispetto alle caratteristiche familiari, la presenza di figli e la prossimità del nucleo familiare di origine operano nello stesso senso. Al contrario possedere un’abitazione di proprietà, almeno nel contesto italiano, appare essere un fattore che aumenta la propensione ad avere una percezione positiva del vicinato. Rispetto agli aiuti prestati dai soggetti, i vicini, comunque, giocano un ruolo, ma sempre dopo i familiari più stretti e gli amici. Tuttavia, si pone come limite di questo lavoro il fatto di non aver potuto indagare la variabile tempo di residenza per mancanza di dati; i residenti di lunga data tendono, come si spiegava nelle premesse, a intensificare maggiormente i rapporti di buon vicinato.
All’inizio di questo studio ci si domandava anche quali fattori favorissero l’attivazione di risorse sociali di solidarietà e altruismo tra i vicini di casa, in condizioni di pratiche quotidiane, di routine nello scambio di aiuti. Tuttavia, il questionario della Multiscopo, non essendo appositamente strutturato per indagare le relazioni di vicinato, ha posto un grosso limite nella disponibilità di dati utili a questo scopo. Infatti, se da una prima lettura sembrerebbe che le famiglie che per nulla danno o ricevono aiuti ai vicini costituiscano il 95,8%, da una riflessione più attenta ci si pone criticamente ad affrontare la questione di come è stata posta la domanda nel questionario Istat. Se agli intervistati si richiede solo un’informazione sull’aiuto prevalente, viene completamente persa tutta quella dimensione di reciprocità di piccoli aiuti, scambi di favori, magari di esigua entità, ma che, si crede, possano costituire il tessuto della relazione quotidiana di vicinato. Pertanto, le dimensioni analizzate nel corso di questo lavoro possono offrire solo un primo spunto empirico per successive indagini.
In conclusione, sembra che i risultati dimostrino che il comportamento amichevole, socievole e, soprattutto, disponibile all’aiuto tra vicini di casa sia un’immagine un po’ troppo semplificata rispetto alla complessa realtà dell’interazione di vicinato: una relazione che implica, allo stesso tempo, vicinanza e buone maniere, ma anche, una certa distanza.

 

Riferimenti Bibliografici

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Note

[2] Per un approfondimento del dibattito nella riflessione teorica e nella ricerca comparativa in tema di abitazione come area di welfare, si vedano i contribut di Teresio Poggio (2005, 2009).

[3] La ricerca Prin-Cofin 2005-2007, sul tema Terzo settore, mondi vitali e capitale sociale in Italia - a cura delle Università di Bologna, Padova e Verona, si è occupata di misurare il capitale sociale comunitario allargato a partire dalla quantità di aiuto reciproco presente all’interno delle reti amicali, di vicinato e dei colleghi di lavoro attraverso la somministrazione di un’intervista strutturata ad un campione di individui rappresentativo della popolazione italiana.

[4] Verbatim estrapolato da un’intervista in profondità realizzata dall’autrice ad un’anziana residente di Trento nell’ambito della ricerca sulla riqualificazione dell’ex area Michelin. Si veda Manzo (2010).

[5] La ricerca operata da Mutti nel 1989 su un campione di quattrocento residenti nella città di Milano offre già un primo quadro di risultati e in particolare permette di evidenziare alcuni tratti sul buon vicinato, seppur limitandone i contenuti ad una metropoli ad alta densità.

[6] Le domande di ricerca verranno codificate come “RQ”, Research Question, e quindi numerate progressivamente.

[7] Per una trattazione più approfondita della regressione logistica si rimanda a Corbetta, Gasperoni e Pisati (2001).

[8] Rispetto al campione di 49.541 soggetti risulta una quota che non ha risposto alla domanda pari a 6.509 individui (il 13,14%). Occorre specificare che trattasi di “missing strutturale” in quanto rispondono a questa domanda dell’indagine Multiscopo solo coloro che hanno più di 14 anni.

[9] i.c. = intervallo di confidenza.

[10] La scelta di costruire una variabile pseudo-metrica è giustificata da due considerazioni. Innanzitutto, le stime ottenute utilizzando la variabile categoriale mostrano segnali di una linearità nell’effetto dell’istruzione sull’outcome di interesse. Inoltre, l’utilizzo di una variabile metrica semplifica l’interpretazione dei risultati, in particolare quelli relativi all’effetto differenze della scolarità sulla propensione ad avere una visione positiva del vicinato. Si riporta l’attribuzione assegnata (Analfabeta, 0; Nessun titolo, 3; Elementari, 5; Medie inferiori, 8; Diploma 2-3 anni, 11; Diploma superiori, 13; Laurea Triennale, 16; Laurea, 18; Dottorato, 21).

[11] Per una rappresentazione grafica analoga si veda Triventi (2007).

[12] Nei modelli di regressione logistica binomiale, stimati distintamente per le aree urbane (Comuni, Città e Metropoli), le variabili di controllo sono il titolo di studio (anni di studio), il genere, la classe di età e la ripartizione geografica di residenza.

[13] Il totale delle percentuali è maggiore di 100 poiché a questa domanda era possibile dare più di una risposta.

[14] In appendice è riportata la distribuzione assoluta dei destinatari degli aiuti (tab. A-2.).

* Acknowledgements are due to Teresio Poggio, from the Free University of Bozen, and Moris Triventi, from the European University Institute, who read the draft and made a number of pertinent suggestions and remarks. I am also grateful to the two anonymous referees and the board of the Doctoral School in Social Science at Trento University for their valuable critics received on a previous version of this paper in November 2010. This work is based on a secondary analysis of data from the ISTAT survey Multiscopo 2003. All the faults are mine.

 

 

Appendici



Tabella A-1. Percezione del vicinato in relazione alle variabili socio-demografiche di base e agli indicatori di prossimità dei genitori e di presenza di figli piccoli (%) (N=35.638)


Ci sono persone che abitano vicino sulle quali può contare?

No


Totale

Sesso:




Maschio

51,4

48,6

100

Femmina

49,1

50,9

100





Età:




14-24 anni

53,6

46,4

100

25-34 anni

52,2

47,8

100

35-44 anni

49,3

50,7

100

45-54 anni

48,4

51,6

100

55-64 anni

48,1

51,9

100

oltre i 65 anni

50,6

49,4

100





Ripartizione geografica di residenza:




Nord-ovest (Piemonte, V. Aosta, Liguria, Lombardia)

47,7

52,3

100

Nord-est (Trentino-A.Adige, Veneto, Friuli, Emilia R.)

47,4

52,6

100

Centro (Toscana, Umbria, Marche, Lazio)

49,5

50,5

100

Sud (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria)

53,6

46,4

100

Isole (Sicilia, Sardegna)

52,3

47,7

100





Dimensione urbana di residenza:




Piccoli comuni (Fino a 2.000 abitanti)

43,6

56,4

100

Comuni (Da 2001 a 10.000 abitanti)

46,3

53,7

100

Città (da 10.001 a 50.000 abitanti)

51,5

48,5

100

Grandi città (oltre 50.000 abitanti)

55,3

44,7

100

Metropoli (area metropolitana)

53,1

46,9

100





Tipologia familiare:




Single (nessun nucleo)

52,2

47,8

100

Coppia con figli

49,9

50,1

100

Coppia senza figli

49,5

50,5

100

Monoparentale (un genitore)

51,7

48,3

100





Titolo di godimento dell’abitazione principale:




Proprietà

48,6

51,4

100

Affitto

56,5

43,5

100

Altro (usufrutto, titolo gratuito, altro titolo)

50,2

49,8

100





Titolo di studio:




Fino alle elementari

51,3

48,7

100

Licenza media

52,1

47,9

100

Diploma

48,9

51,1

100

Laurea

45,5

54,5

100





Condizione professionale:




Occupati

49,1

58,9

100

Disoccupati

58,7

41,3

100

Inattivi

51,4

48,6

100

Pensionati

48,1

51,9

100





Prossimità dei genitori all’abitazione di residenza:




No (nessuno dei due genitori abita entro i 16 km)

48,8

51,2

100

Sì (almeno uno dei genitori abita entro i 16 km)

51,0

49,0

100





Presenza di figli piccoli nella famiglia:




No (non ci sono figli minori di 14 anni)

50,7

49,3

100

Sì (almeno un figlio minore di 14 anni)

47,3

52,7

100




Fonte: elaborazione personale su dati Multiscopo Istat 2003.

 



Tabella A-2. Modello di regressione logistica binomiale per l’analisi dell’effetto degli anni di istruzione sulla percezione del vicinato a seconda dell’area urbana. (Odds-ratio, Std. Err, P.)



Comuni

Città

Metropoli

OR

SE

P

OR

SE

P

OR

SE

P

Anni di istruzione

1.032

0.005

0.000

1.022

0.004

0.000

1.051

0.007

0.000











Sesso










Maschioa

--

--

--

--

--

--

--

--

--

Femmina

1.081

0.037

0.024

1.116

0.036

0.001

1.118

0.055

0.025











Età










35-44 annia

--

--

--

--

--

--

--

--

--

14-24 anni

0.896

0.051

0.051

0.815

0.045

0.000

0.952

0.082

0.568

25-34 anni

0.910

0.049

0.080

0.818

0.042

0.000

0.936

0.073

0.402

45-54 anni

1.141

0.062

0.015

1.016

0.052

0.764

1.048

0.083

0.553

55-64 anni

1.222

0.071

0.001

1.024

0.055

0.658

1.337

0.108

0.000

oltre i 65 anni

1.179

0.091

0.033

0.959

0.069

0.565

1.172

0.127

0.144











Ripartizione geografica










Nord-ovesta

--

--

--

--

--

--

--

--

--

Nord-est

0.875

0.043

0.007

1.082

0.060

0.158

1.122

0.112

0.247

Centro

0.943

0.057

0.333

0.872

0.049

0.015

1.309

0.091

0.000

Sud

0.831

0.040

0.000

0.769

0.040

0.000

0.920

0.061

0.212

Isole

0.877

0.058

0.049

0.902

0.059

0.114

0.868

0.070

0.081





















Costante


0,914



0,796



0,460












Log likelihood

-9.388

-10.475

-4.576

N

13.677

15.254

6.707


Fonte: elaborazione personale su dati Multiscopo Istat 2003.

a Categoria di riferimento.


Tabella A-3. A chi è stato DATO l’aiuto prevalente, rispondono alla domanda le persone > 14 anni (N=11.268)


A chi è stato DATO l’aiuto prevalente


Amici

2.555

Madre

2.085

Altra persona

1.598

Nipote

1.147

Padre

1.108

VICINI

1.025

Figlia

804

Suocera

780

Nonno

706

Sorella

606

Parente Anziano (Over 65)

593

Figlio

579

Fratello

540

Parente (con meno di 65 anni)

444

Nipote di 2° Grado

416

Suocero

395

Nuora

146

Genero

112

Fonte: elaborazione personale su dati Multiscopo Istat 2003.



Le domande dell’indagine Multiscopo sulle quali è stata effettuata l’analisi

> Percezione sul vicinato:
«Escludendo i parenti (suoi o del coniuge/partner) ci sono persone che abitano vicino a lei sulle quali può contare in caso di necessità?»
No / Sì, una persona o una famiglia / Sì, alcune persone o famiglie

> Aiuti (dati, domande del questionario individuale, rispondono tutti i maggiori di 14 anni: – ricevuti, domande del questionario familiare).
«Nelle ultime 4 settimane ha fornito/ricevuto gratuitamente a/da persone (parenti e non) che non vivono con lei/voi qualcuno dei seguenti aiuti?»
Aiuto economico / Prestazioni sanitarie / Accudimento, assistenza di adulti / Accudimento, assistenza di bambini / Aiuto in attività domestiche anche non nella casa della persona aiutata / Compagnia, accompagnamento, ospitalità / Espletamento di pratiche burocratiche / Aiuto nell’esecuzione di lavoro extra-domestico / Aiuto nello studio / Aiuto sotto forma di cibo, vestiario ecc. / Altro / Nessuno

«Indicare il codice dell’unico aiuto prestato o di quello ritenuto più importante»

«A quale delle persone elencate è stato prestato questo aiuto?» Possibili più risposte.
Padre / Madre / Suocero / Suocera / Fratello / Sorella / Figlio / Figlia / Genero / Nuora / Nonno/a
Nipote / Nipote 2° grado / Parente anziano (over 65) / Altro parente (under 65) / Amici / Vicini / Altra persona.

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